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venerdì 1 luglio 2011

La fine del male ed il ritorno a Dio

Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.

La fine del male ed il ritorno a Dio

 
Perché interrogarsi sulla natura e l’origine del male?
Il nostro bisogno di separare luce ed ombra, bene e male non è che il frutto della cecità che ci impedisce di vedere l’ unità celata dietro l’apparente gioco dei contrari.
Anche un Iniziato o un Maestro potrebbe rispondere in modo simile al neofita suo discepolo che gli chiedesse quale sia l’origine del Male:: “Bene e Male non sono che illusioni, non sono che Maya”. ( è l’immenso complesso delle apparenze che fluttuano intorno a noi, il tessuto stesso del mondo, composto con la trama dei nostri sogni; è l’infinito mutare delle immagini che ci fa credere a qualcosa di reale al di fuori di noi. In senso metafisico rappresentava il principio dell’essere, opposto prima al corpo e poi al non-essere.)
La Bibbia parla di due diversi tipi di conoscenza (Da'at): quella dell’albero del bene e del male e quella dell’unione tra Adamo ed Eva.[1]
Cabalisticamente Hesed e Geburah sono le braccia, rispettivamente destra e sinistra, di Dio, due poli della personalità divina: amore che fluisce liberamente, giudizio rigoroso, clemenza e restrizione.
Entrambe sono essenziali per il corretto funzionamento del mondo.
Idealmente il raggiungimento di un equilibrio è simboleggiato dalla sephirah centrale, Tipheret (Bellezza), anche chiamata Rahamim (Misericordia). Se il giudizio non è ammorbidito dall’amore, esso attacca con violenza e minaccia di distruggere la vita.
Qui riposa l’origine del male, chiamato Sitra Ahra, l’Altra Parte.
Da una prospettiva più radicale, il male deriva dal pensiero divino che, prima di emanare il bene, elimina gli scarti.
Il demoniaco è radicato nel divino.
Geburah, Potenza della FortezzaQuesta Sephirah è anche chiamata PChD, Pachad, Paura.
É considerata la Sephirah da cui il Male e il potere della Sinistra agiscono nel mondo
Il Male sarebbe l’incapacità dell’uomo di ricevere l’influsso delle Sephiroth. Secondo questa concezione il Male non ha dunque realtà ontologica ma è solo separazione dall’Emanazione.
Nel Bahir, tuttavia, la Sephirah Geburah è definita “mano sinistra del Santissimo” e anche “Una qualità il cui nome è Male” e la cui essenza è coercizione e limitazione (e viene dunque legata anche alla morte).
Il regno tenebroso dei poteri demoniaci, pur essendo stato emanato da Dio, tuttavia non appartiene più al mondo della santità e delle Sephiroth.
Esiste una gerarchia completa delle “emanazioni della sinistra”, che riceve il suo potere da Geburah in quanto continua a ricevere nuova forza dalle azioni peccaminose dell’uomo, quelle che, come si è detto, lo allontanano dalla conoscenza degli archetipi emananti e utilizzano i simboli per disperdere anziché per riunire.
La cosmogonia cabalistica (la descrizione della creazione del mondo) presenta dei lati molto vicini alle più moderne teorie scientifiche.
Vedremo come l’informatica ci sarà utile.
Tzimtzum. Restrizione. Dio crea il mondo a partire dalla Luce Infinita.
La prima azione consiste nel creare in essa uno spazio vuoto capace di ospitarla.
Ciò viene effettuato tramite lo Tzimtzum, un volontario restringimento dello spazio occupato dalla Santità divina.
In realtà, la nascita dello spazio, come lo intendiamo noi, è il risultato dello Tzimtzum originario.
In questo sistema l'En Sof si contrae in sé al momento della creazione, lasciando spazio per il mondo, ma anche per il male: compito dell'uomo diventa quindi la redenzione (tiqqun) del mondo e il ricongiungimento con la divinità.
Nella mia visione trascendentale, quando parlo di redenzione del mondo intendo la redenzione (o forse rieducazione) di quella parte di spirito che Dio pur mantenendo in se (non potrebbe essere altrimenti), ha relegato in quella zona di Se Stesso alla quale nega la Luce e la Sua Visione. Parlo di quegli Spiriti che seguirono Lucifero.
Per redenzione del mondo intendo la redenzione di questi spiriti e nelle precedenti tavole ho già parlato di quello che nella mia visione del “di più” è il programma di Dio.
Malkuth è il simbolo della legge orale, transeunte e legata agli eventi storici e dell’albero della conoscenza del Bene e del Male.
É proprio il suo rapporto con la legge orale a fare di Malkuth la porta attraverso la quale l’uomo può iniziare la sua ascesa verso il mistero divino.
All'inizio del XIV secolo si cominciarono a distinguere cabalisticamente quattro mondi nel creato:
la Atzilút (emanazione), (il più alto e nobile, bene assoluto);
la Beriáh (creazione), (il secondo, il comparire di qualcosa dal nulla, la creazione ex-nihilo) *
la Yetziráh (formazione), (il terzo, il mondo degli archetipi, dei simboli, degli angeli, dove male e bene sono presenti insieme).
Asiyáh (realizzazione. l'ultimo e più basso, dove ciò che conta è l'agire, i risultati, la materia, dove il male tende a prevalere).
Oggi, e in genere nell’epoca nella quale viviamo, l’enfasi maggiore va posta su Da’at.
Il sefer Yetzirà, il più antico testo di Cabalà, nel capitolo primo, afferma in modo perentorio:
“Dieci è il numero delle Sefiroth ineffabili, dieci e non nove, dieci e non undici. Intendi con sapienza, e sii saggio con intelligenza, investiga questi numeri, e trai da loro conoscenza, il disegno è fisso nella sua purezza, e riporta il Creatore nel Suo luogo.”
Da’at non è una sephirah : è la Conoscenza.
Dice la Torah:
egli (Betzalel) era dotato di spirito divino,
di saggezza (Chokhmah),
di intelligenza (Binah) e
di buonsenso (Da’at) [2]
La Daat ha a che fare col senso comune, l'intelligenza di base, è insomma il discernimento di tipo pratico.
Da’at ha un aspetto di dualismo estremo.
Nella simbologia dei colori, essa è bianco-nero.
Nel giardino dell’Eden è divisa tra bene e male.
Ci muoviamo tra l’una e l’altra di queste due sponde, avanti e indietro, guidati dal libero arbitrio, e dalla conoscenza.
Se la conoscenza è separatrice (mette in enfasi diversità ed esclusività), non c’è riparo, non c’è sosta, non c’è sollievo.
E ciò è vero per qualunque campo al quale la conoscenza venga applicata, pratico, affettivo, scientifico, filosofico, artistico, umanistico, politico, teologico, religioso.
Se la conoscenza è unificatrice (ricerca legami, paralleli, sincronicità, appartenenze, pur se a livello di radice), tra bianco e nero scopriamo una scala di 256 grigi (per applicare una metafora tratta dalla moderna grafica dei computer). 256 è il valore numerico (ghematria)di:
Aronne (Aharon)
Fuoco (Nur)
Re Superno (Melekh Elion).
Valutata nel senso più corretto, quello che ci deriva dall’ebraico con tutte le sue straordinarie capacità alfabetiche e numeriche la nostra consapevolezza viene guidata dalla scintilla interiore del Grande Sacerdote, colui che utilizza il fuoco (l’energia) al servizio del Re Superno, cioè di Dio, e non degli innumerevoli idoli che la consapevolezza separata gli sovrappone.
Ma torniamo all’informatica che abbiamo ricordato.
Tutti sanno che il linguaggio utilizzato dai computer, e nelle trasmissioni digitali, è il sistema binario. Si tratta di una sequenza di impulsi riconducibili al susseguirsi di “pieno – vuoto”, 1 e 0.
Il codice binario rappresenta lettere e numeri semplicemente come sequenze più o meno lunghe di “stati opposti”, ad es.: 00110110.
Si capirà facilmente il legame di un tale sistema simbolico con Da’at, la non-Sephirah della conoscenza acquisita, degli opposti, del bene e del male, del bianco e del nero, dell’1 e dello 0.
Mentre nel mondo dell’azione, dell’emozione, e del pensiero umano, si cerca sempre di tracciare il confine tra bene e male, nell’essenza interiore di Da’at, fatta del contrasto tra bianco-nero, o tra 1 e 0, è del tutto impossibile stabilire un ordine di priorità o di preferenze.
Nessuno potrebbe dire se sia meglio il bianco o il nero, l’1 o lo 0.
Si possono solo esprimere preferenze ed opinioni, ma fondamentalmente tra quegli opposti c’è una totale interdipendenza, c’è una necessaria complementarità.
Il nostro grande compito è allora di utilizzare la danza degli opposti di Da’at come la fonte del motore energetico dell’evoluzione dalla specie umana alla specie adamitica “edenica” (Adam nel giardino dell’Eden).
Secondo un’antica tradizione, sia talmudica che cabalistica, ogni scoperta della scienza ha lo scopo profondo di avvicinarci maggiormente all’era della redenzione globale e definitiva.
L’informatica, in particolare Internet, proprio per via del suo basarsi in un modo così totale sull’oscillazione tra due opposti, può oggi venire utilizzata come veicolo privilegiato per la diffusione della consapevolezza interiore, per rettificare Da’at.
Da’at è il massimo della libera scelta. Tutto dipende dall’uso che ne facciamo.
Un detto talmudico afferma: “Colui che viene per purificarsi, gli viene aperta la porta; colui che viene per contaminarsi, gli viene aperta la porta”.
Vale a dire, “gli strumenti ci sono, l’aiuto dall’alto anche, tutto dipende da ciò che la persona cerca, dal dove si focalizza la sua volontà, la sua attenzione”.
Nell’undicesima Sephirah[3], quella dei baalei teshuvà, dei “maestri del ritorno”, in Da’at, la danza frenetica di un’interminabile sequenza di 1 e di 0, di essere e di non essere, non genera più un solo problema esistenziale, ma può diventare il supporto, la “merkavà”, per una accelerata crescita della consapevolezza messianica.
Nella Da’at saggezza interiore (esoterismo) e saggezza esteriore (essoterismo), si abbracciano e si aiutano.
Il processo di emanazione delle Sephiroth avviene al di fuori del tempo, quindi non genera alcun cambiamento nell’En-Sof, che resta identico a sé stesso.
Il Male è generato dalla scarsezza di influsso delle Sephiroth nelle creature.
Interessante conoscere il riassunto degli insegnamenti cabalistici relativi alla natura dell’anima contenuto nella Clef des Mystères (Chiave dei Misteri) di Eliphas Levi, in quanto
Il velo dell’anima è anche il guscio dell’immagine.
L’immagine è duplice perché riflette egualmente il buono ed il cattivo angelo dell’anima.[4]

Per via dell'eccessiva lunghezza dell'articolo, è stato diviso in due parti. Per leggerlo nella sua interezza bisogna cliccare su continua a leggere qui di seguito. 
Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.



Nephesch è immortale, rinnovandosi attraverso la distruzione delle forme.
Ruach è progressivo attraverso l’evoluzione delle idee.
Neschamah è progressivo senza dimenticanza e senza distruzione.
Vi sono tre abitazioni delle anime:
a L’Abisso della Vita,
b L’Eden superiore,
c L’Eden inferiore.
L’immagine Tzelem è una sfinge che propone l’enigma della vita.
L’immagine fatale (ovvero quella che soccombe a ciò che è esterno) offre a Nephesch i suoi attributi, ma Ruach può sostituire l’immagine conquistata con l’ispirazione di Neschamah.
Il corpo è il velo di Nephesch, Nephesch è il velo di Ruach, Ruach è il velo di Neschamah.
La luce personifica sé stessa velandosi, e la personalizzazione è stabile solo quando il velo è perfetto.
Sulla terra questa perfezione è relativa all’anima universale della terra (ossia qual’è il macrocosmo, o grande mondo, tale è il microcosmo o piccolo mondo, che è l’uomo).

Viviamo un periodo in cui il "male" ha preso il sopravvento, la ragione e la razionalità hanno compressa la spiritualità che ormai si può manifestare solo in determinati ambienti ed essere compresa solo da chi è in grado di leggere il significato universale dei "simboli" che mantengono da millenni il loro valore immutabile come DNA dell'Universo.


Si tenga presente che nel nostro cammino evolutivo partiamo dal più basso dei quattro mondi: quello dell’Azione dove ciò che conta è l'agire, i risultati, la materia, dove il male tende a prevalere.
Il successivo livello che troviamo salendo è quello della Formazione o dell'Emozione, il mondo degli archetipi, dei simboli, degli angeli, dove male e bene sono presenti insieme, l’entrata nel dominio dello spirito.
Nel terzo mondo, dell'Intelletto, il bene prende il sopravento sul male per raggiungere l'apoteosi nel quarto mondo, in Keter attraverso l'Intelligenza e la Saggezza.
In conseguenza dell'emanazione, secondo Luria, si crearono dei vasi per contenere l'energia divina. I vasi superni, i più forti, resistettero bene alla pressione della luce, ma gli inferiori si ruppero e dispersero l'energia. I frammenti dei vasi rotti contengono ancora particelle di luce: queste sono le qelippót (scorze), le forze del male.
Dall’uno, il parimpari di Pitagora, scaturiscono per addizione i numeri pari e quelli dispari.
Alla distinzione fra pari (= illimitato) e dispari (= limitato) i pitagorici facevano risalire tutte le altre opposizioni della realtà: tenebre-luce, male-bene, etc.
La realtà si presenta dunque piena di entità contrapposte, ognuna delle quali è riconducibile a numeri.
Il messianismo ha generato quella espressione letteraria che è rappresentata dalle Apocalissi Rivelazioni.
Si tratta di opere di carattere profetico in cui si annuncia un conflitto risolutivo dal quale, finalmente, la sottomissione di Israele avrà fine, i popoli nemici saranno completamente distrutti, le forze del male annientate su tutta la terra, il Regno di Dio ristabilito e, questa volta, definitivamente.
Si tratta di poemi religiosi di maniera, altamente simbolici, nei quali la potenza divina, rappresentata in modo assai pittoresco, scatena un putiferio di violenza inaudita, di fuoco e di fiamme, vera e propria apoteosi del castigo.
Polarità Il Kybalion (Ermete) recita: "Tutto è duale; tutto ha poli; ogni cosa la sua coppia di opposti. Il simile ed il diverso sono uguali; gli opposti sono di natura identica, seppur differenti in grado. Gli estremi si toccano; tutte le verità non sono che mezze verità, e tutti i paradossi possono essere conciliati".
Il principio ribadisce l'esistenza d'una seconda faccia della stessa medaglia, dimostrando come caldo e freddo, seppur opposti, siano in verità identici, differenziandosi unicamente per il diverso grado. Nessun termometro definisce i confini tra caldo e freddo. In entrambi i casi si tratta solo di forma, di varietà, di livello di vibrazione.
I fenomeni correlati sono manifestazioni del principio della polarità, che diventa evidente nel caso di "luce" ed "oscurità".
Quale differenza esiste tra grande e piccolo, tra duro e tenero, tra nero e bianco, tra rumore e silenzio, tra acuto ed ottuso, tra alto e basso, tra positivo e negativo, tra bene e male?
Paradossi spiegati da questo principio, operativo anche sul piano mentale.
Un esempio? Prendiamo in considerazione odio ed amore, due stati mentali apparentemente opposti. Ci sono livelli diversi per entrambi, ed esiste un punto intermedio, in cui si parla di piacere e dispiacere.
Non sono che gradi diversi di una stessa cosa.
Infine, aspetto fondamentale per gli ermetici, le rispettive vibrazioni sono variabili, tanto da trasformare l'odio in amore, tanto nel proprio come nell'altrui spirito.[5]
É sufficiente l'impiego della volontà.
Tra gli opposti abbiamo citato il bene ed il male.
Ebbene, applicando il principio della polarità, l'ermetista sa come trasmutare l'uno nell'altro. Trattasi dell'alchimia mentale, un'arte la cui applicazione consente, a chi ne è padrone, il cambio della polarità propria e di quella altrui.
La religione gnostica rivelata dai testi di Nag Hammadi è inequivoca­bilmente dualistica.
Esamina in maniera approfondita due potenti forze spirituali all'opera nella pienezza di tutta l'esistenza:
il Dio di luce, amore e bontà, e
il Dio di oscurità, odio e male.
Gli gnostici erano convinti che fosse quest'ulti­mo, il Dio del Male, ad aver costruito l'universo materiale e ad aver creato i corpi umani.
Le nostre anime, invece, provenivano dal regno spirituale del Dio del Bene e desideravano ardentemente di potervi ritornare.
Uno degli scopi principali del Dio del Male era deludere questo desiderio e tenere le anime perdute in eterna prigionia sulla terra, per « far bere loro l'acqua dell'oblio affinché non potessero più sapere da dove provenissero ».
Per questo motivo il racconto contenuto nei testi di Nag Hammadi della «tentazione » di Adamo ed Eva nel giardino dell'Eden raffigura il serpente non come simbolo del male, inviato dal demonio, come lo ritrae il libro della Genesi nell'Antico Testamento, ma piuttosto come l'eroe e il vero benefattore del genere umano:
«Che cosa ti ha detto Dio?» domandò il Serpente a Eva. « Ti ha detto di non mangiare il frutto dell'albero della conoscenza [gno­sis]?»
E lei rispose: « Ha detto: Non solo non devi mangiare quel frutto, ma non devi neppure toccarlo, se non vuoi morire».
Il serpente la rassicurò: « Non temere. Non morirai. Ti ha detto questo perché è geloso. Tu, invece, devi aprire gli occhi per poter diventare come gli dèi, in grado di riconoscere il male e il bene ».21
Gli gnostici insegnano che, dopo aver mangiato il frutto dell'albero della conoscenza, Adamo ed Eva sperimentarono l'illuminazione, si risvegliarono alla loro luminosa natura e riuscirono a distinguere il bene dal male, proprio come il serpente aveva promesso.
Vedendo la loro trasformazione intellettuale e spirituale il demiurgo si ingelosì e andò a riscuotere i suoi amici demoni:
«Guardate Adamo! Ha finito per diventare uno di noi, perciò conosce la differenza tra la luce e il buio. Ora forse anche lui si avvicinerà all'albero della vita e mangerà i suoi frutti e diventerà immortale. Dobbiamo cacciarlo dal Paradiso affinché torni sulla terra da cui è stato tratto, e non possa più riconoscere la realtà.»
Fu così che Adamo, con Eva venne cacciato dal Paradiso, 22 sulla «terra», dove, da quel momento in poi, avrebbero dovuto vivere nell'ignoranza delle loro autentiche potenzialità.
L’anima intrappolata nella materia, dimentica della sua vera natura, incurante del suo potenziale divino, illusa dagli inganni di un Dio malvagio, e sorretta da una struttura (il corpo) è soggetta a ogni capriccio di quel mostro soprannaturale.
Secondo gli gnostici, l'inondazione non fu inflitta per punire il male, come riferisce falsamente l'Antico Testamento, ma per punire l'uma­nità di essere salita così in alto «da prendere la luce» che si diffondeva in mezzo agli uomini.
Nel III secolo dopo Cristo sorse una dottrina religiosa che fu fondata dal persiano Mani che associa all’elemento cristiano, che ne è il nucleo essenziale, altri derivati dallo zoroastrismo e dal buddismo.
Si basava sulla concezione secondo cui nella realtà opera la dualità fondamentale del Bene, o Luce, e del Male, o Tenebra.
Principi eterni ed originariamente separati, dalla loro commistione avrebbe avuto origine tutto l’essere, in particolare il mondo fisico e soprattutto l’uomo.
Questi, legato al regno delle tenebre dalla concupiscenza e dalla riproduzione, dopo la redenzione operata dal Cristo, attraverso un rigido ascetismo, può e deve tendere alla Luce.
Tra il 920 e il 970, l'eresiarca che si autodefinì Bogomil, «Prediletto da Dio», incominciò a predicare in maniera convincente in Bulgaria.
Sappiamo già che la Chiesa da lui fondata ambiva a suscitare un risve­glio generale.
I suoi seguaci erano dualisti, ovvero credevano in un Dio buono e creatore di quanto è di natura spirituale, ed in un Demonio, creatore del mondo materiale e del male.
Praticamente si rifacevano in modo quasi sovrapponibile allo gnosticismo dei primi secoli
La dottrina dei Catari è caratterizzata da un rigoroso dualismo: a Dio (il bene) si contrappone il Demonio (il male), creatore del mondo materiale; le anime degli uomini sono angeli decaduti.
Secondo Confucio l’uomo è “buono“per natura, ed il male viene per ignoranza.
Nella dottrina del Budda:
Il quarto e ultimo assorbimento della meditazione è un approfondimento ulteriore del precedente: qui lo stato realizzato nella pratica si fa permanente, accedendo ad un livello al di là della dualità, degli opposti (bene-male, gioia-dolore, ecc.), nel quale tutto è attenzione, equilibrio, equanimità, concentrazione
Riguardo la "Retta Attenzione" ecco alcune massime del Buddha
"Per colui il cui pensiero non divaga, la cui mente non è trascinata, che ha abbandonato bene e male, per colui che è vigile, per costui non esiste paura".[6]
Insegnò «Il rispetto assoluto per gli altri».
Il rispetto di Budda degli altri si manifesta anche attraverso cose piccole, come non parlare o non pensare male degli altri. Di ogni fatto, di ogni situazione, di ogni persona si può pensare e dire bene o male. Buddha insegnò a scegliere sempre il pensiero migliore.
La parola più incoraggiante.
L'azione più compassionevole.
Non si tratta soltanto di evitare il male, di non essere violenti nei pensieri, con le parole o coi gesti.
Ci vuole l'intenzione di trasformare quel buio in una zona di luce.
Si tratta di diventare incisivamente attivi: facendo vivere la nostra natura illuminata possiamo risvegliarla negli altri.
Ho un ottimo rapporto con il Dio che mi ha dato un corpo, un'anima ed uno spirito e mi sono sempre comportato in modo da accrescere la mia "conoscenza" nel bene e nel male.
Il Cristianesimo é stato ed é, prima di tutto, un evento storico, politico che ha permeato, nel bene e nel male, 2000 anni della nostra storia, creando le basi del moderno “sistema di pensiero” occidentale.
Così scrisse Tacito (55-120), riferendosi anch'egli all'epoca neroniana: "...furono puniti i cristiani, un gruppo di persone dedite ad una superstizione nuova e malefica. Quel nome essi derivarono da Cristo, che sotto il regno di Tiberio fu mandato a morte dal procuratore Ponzio Pilato. Quella funesta superstizione, soffocata per breve tempo, riprendeva ora vigore diffondendosi non solo in Giudea, luogo d'origine di quel male, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluiscono tutte le atrocità e le vergogne, trovandovi grande seguito.”
Possiamo, inoltre, notare che Svetonio, alla fine del primo secolo, non sembra capace di distinguere i cristiani dagli ebrei; egli afferma, infatti, che "i Giudei" avevano provocato dei disordini, ispirati dal loro Messia, e per questo erano stati scacciati da Roma. Ancora, egli (Cristo) è descritto come il propagatore di una ideologia "funesta", "malefica", di un "male", persino di "atrocità".
Non c'è alcuna corrispondenza con l'immagine comunemente trasmessa dai Vangeli, di un predicatore spirituale del tutto estraneo a questioni politiche e fondatore di una religione extragiudaica.
Certo, il cristianesimo la riceve dalle tradizioni misteriche precedenti, ma nella formulazione evangelica l'accento è posto volutamente sulla natura rigeneratrice della verità iniziatica e sull'uso distorto della medesima quando, per avventura, dovesse essere incautamente comunicata ai profani, nonché sui rischi che l'iniziato può correre a causa di comportamenti contrari al “solenne giuramento prestato”.
Si tratta di un'articolazione che, come si diceva, ritroviamo con pochissime modifiche nella Tradizione iniziatica (anche muratoria), dove l'insistenza sulle "difficoltà" non comuni che l'iniziato deve affrontare e sull'esigenza che egli affini al massimo le proprie doti e si riconfermi saldamente negli impegni assunti, disegna una parabola crescente di intensità via via che dai “gradi inferiori” ci si inoltra nei “gradi più elevati”.
Ancora dal Vangelo di Matteo, ripercorriamo uno dei passi più citati, quello che sicuramente è suscettibile di essere vissuto e interiorizzato anche in ambito liberomuratorio con maggiore partecipazione emotiva, poiché corrisponde al modo in cui generazioni di massoni, ma anche l'Istituzione in quanto tale, si sono letti e hanno interpretato e vissuto il proprio ruolo consapevolmente: «Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi sono quelli che la trovano.[7] ».
Nel nostro caso la formula evangelica assume un fascino del tutto peculiare, legato soprattutto alla simmetria con cui l'itinerario iniziatico si sviluppa tra forze attrattive opposte (il pavimento a scacchi bianchi e neri), riconducibili alle energie primordiali dell'universo, al bene e al male, alla luce e alle tenebre, in quanto entità attive, operanti a livello cosmico ma anche nell'intimo della coscienza.
Come non richiamare immediatamente l'analogia con metafore quali quella delle "oscure e profonde prigioni al vizio" (tipico dei rituali scozzesi) o l'invito pressante all'autodisciplina, al dominio di sé, che scandiscono nella Libera Muratoria i passaggi cruciali del sistema trigradale?
Il dramma del quarto Vangelo, il dramma della dialettica luce-tenebre che la Massoneria ingloba e correla al simbolismo costruttivo, si configura come rapporto di due poteri le cui determinazioni contraddittorie quasi sempre contrassegnano il ritmo esistenziale della quotidianità.
É un dramma che si svolge a livello storico, a livello mitico, a livello escatologico, fino a realizzare la vittoria della luce sulle tenebre.
Sul piano esperienziale e spaziale esso oppone il cielo alla terra e all'abisso del mare modellandosi per schemi binari come salire/scendere, essere gettato/essere precipitato, essere/venire, ecc.
L'alto corrisponde alla destra, simbolo di autorità e di vittoria, il basso alla sinistra, simbolo di condanna e deviazione. In questa struttura cosmica, la caduta è associata al male, al peccato, all'accecamento, mentre l'ascesa, il colore bianco, connotano il trionfo della luce, del bene.
La dinamica spaziale è inoltre completata da una dinamica temporale che articola l'opposizione fra tempo fisico e tempo umano, tempo di condanna e tempo di grazia, passato e presente-futuro, tempo del creato e Tempo di Dio.
Il conflitto luce-tenebre è rintracciabile in tutti gli scritti di Giovanni: nel Vangelo esso è soprattutto storico, nella Prima lettera ha natura etica, nell'Apocalisse, invece, investe il piano mitico-escatologico.
 Nella sua polivalenza tale dualismo attinge a diverse tradizioni di pensiero del vicino Oriente (lo zoroastrismo per fare un solo esempio) e ne influenza altrettante (si pensi solo agli gnostici, o al gruppo settario di Qumran).
Giovanni personifica e storicizza gli elementi del conflitto che concepisce sotto forma di "processo", a sua volta articolato nelle fasi del giudizio e della testimonianza.
Quest'ultima è identificata con Gesù, la parola-luce, il segno di contraddizione e di rottura intorno al quale le genti si raccolgono e si dividono, la manifestazione del "creatore" che è venuta ad abitare con noi, facendosi "logos di vita", discendendo dal cielo per giustificare e giudicare nell'ultimo giorno come "logos di Dio".
La separazione delle origini provocata dalla parola di Dio e dalla lotta che essa innesca si proietta sul piano storico nella lotta fra credenti e non credenti, tra figli della luce e figli delle tenebre, fra il Cristo e l'Anticristo.
Lo scontro passa attraverso la personificazione delle forze del male, le tenebre, a loro volta destinate ad essere disperse quando il non-luogo della vittoria riassorbirà totalmente il conflitto e "non ci sarà più notte; ed essi non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché li illuminerà il Signore Iddio, ed essi regneranno nei secoli dei secoli"[8]
Ecco l’affermazione platonica più esplicita in merito:
"Diciamo dunque per qual cagione l’Artefice fece la generazione e questo universo. Egli era buono, e in uno buono nessuna invidia nasce mai per nessuna cosa.
Immune dunque da questa, volle che tutte le cose divenissero simili a lui quanto potevano
E così il Dio fece la cosa più bella che era possibile, e tale è appunto il nostro mondo.
Il negativo e il male che restano in questo mondo sono dovuti al margine di irriducibilità di quella originaria spazialità caotica all’ideale della "necessità" alla razionalità, del non-essere all’essere".
Tutto, essendo costituito tramite rapporti numerici e geometrici, è proporzionato e armonico:
Socrate il giusto è stato ucciso e l’ingiusto sembra invece trionfare; il virtuoso e giusto è in balìa dell’ingiusto e ne soffre i soprusi; il vizioso e l’ingiusto sembrano invece felici e soddisfatti delle loro soperchierie; il politico giusto soccombe, quello senza scrupoli si impone; dovrebbe trionfare il bene e invece è il male che sembra avere sopravvento.
Da che parte è la verità?
“se sarai veramente onesto e buono ed eserciterai virtù, non potrai patire nulla di male".
Se l’anima non può essere distrutta dal male del corpo, perché il male del corpo (stante il principio stabilito) è alieno all’anima e come tale non la può intaccare; e se non può nemmeno essere distrutta dal suo proprio male (il vizio, l'ingiustizia, l'empietà), per quanto forte esso sia, allora essa è indistruttibile: "Quando pertanto, conclude Platone, una cosa non perisce di alcun male né proprio né estraneo, è evidente essere necessario che quella cosa sia sempre; e se è sempre, è immortale".
La morte del corpo dischiude così la vera vita dell’anima. Con la morte l’uomo non muore, ma entra in un momento più vero della vita.
"... il male non può perire, ché ha pur da esserci sempre qualche cosa di opposto e contrario al bene; né può aver sede fra gli Dei, ma deve di necessità aggirarsi su questa terra e intorno alla nostra natura mortale. Ecco perché anche ci conviene adoperarci di fuggire di qui al più presto per andare lassù. E questo fuggire è un assomigliarsi a Dio per quel che a uomo è possibile; e assomigliarsi a Dio è acquistar giustizia, santità e insieme sapienza".
Come si vede, i due paradossi hanno l’identico significato: morire al corpo vuol dire morire al male mediante virtù e conoscenza; fuggire il mondo vuol dire fuggire il male seguendo virtù e conoscenza, e seguire virtù e conoscenza vuol dire farsi simile a Dio, che è misura di tutte le cose.
Oggi l’economia e la comune aspirazione al benessere condizionano così radicalmente e prassi e teoria politica che, spesso, si limitano a voler essere proprio quel sistema di incremento di beni e di benessere materiale, in cui Platone vedeva la fonte di ogni male.
Riguardo proprio alla magia, Pico riteneva che fosse "una parte pratica della scienza della natura, che non fa altro che insegnarci imprese ammirevoli utilizzando forze naturali, mettendole in reciproca relazione e utilizzandole nella loro natura in sé passiva" non ammettendo l’evocazione di entità maligne di demoni in quanto forze del male.
Agli albori del IV secolo, una scuola di arte alchemica, definita ermetica o sacra, fu fondata in Alessandria da Zosimo Panapolita, che ha trasmesso ai posteri varie opere, tra cui il "Trattato dei fornelli", ove, tra l’altro, descrisse minuziosamente ingegnosi e meravigliosi distillatori in vetro. Nel corso del V secolo, l’Alchimia si trasferiva operativamente a Bisanzio, ove un secolo più tardi passò sotto il controllo degli arabi, che ereditavano così tutti gli insegnamenti delle scuole ermetiche egizie e greche.
Dal VII all’VIII secolo l’Alchimia veniva introdotta in tutti i paesi di conquista araba, specialmente in Spagna, che diventava da allora uno dei più grandi centri ermetici dell’intero continente europeo.
Tra i grandi alchimisti arabi va ricordato Djabir-Ibn-Haijan, noto sotto il nome di "Geber", o di Re Geber, vissuto nell’VIII secolo, discepolo di un grande maestro dell’Islam, Imam Djafar. Grandissimo scienziato e rinnovatore degli studi di ricerca alchemici, Geber scopriva la preparazione dell’acido nitrico e dell’acqua regia, precedendo di molti secoli Alberto Magno e, qualora fossero davvero suoi i libri a lui attribuiti dagli studiosi, arrivava a conoscere addirittura i preparati di potassa con calce, del sale ammoniaco e dello stesso alcool, la "Pietra infernale", il sublimato corrosivo, nonché svariati elementi chimici totalmente sconosciuti agli scienziati occidentali dell’epoca.
Si tenga conto che nel Cinquecento la scoperta di procedimenti chimici legati alla tecnica, ad esempio estrattiva, dette inizio alla separazione dell'alchimia che assunse le caratteristiche di quella che più tardi si affermerà come chimica.
Tali riti erano spesso considerati ed addirittura chiamati "esperimenti"; tutti sempre con due contendenti del tipo bene e male, puro ed impuro, Dio e Diavolo, buono e cattivo; tutti nell'alveo di antiche tradizioni.
Ed ognuna di tali tradizioni aveva tanto stretti legami con l'altra che abbandonarne una avrebbe irrimediabilmente compromesso l'altra: come toccare la numerologia senza distruggere rituali magici legati all'alchimia ed all'astrologia ?
Per altri versi come toccare l'astrologia senza mettere in discussione alchimia e medicina ? ...
Leone XIII confermava, nell'enciclica Provvidentissimus Deus che «Poiché il vero non può in alcun modo contraddire il vero, si può esser certi che un errore si è insinuato o nell'interpretazione delle parole sacre, o in un altro luogo della discussione».
È un modo molto gesuitico e clericale di dire “se qualcosa nella natura e nella scienza che verrà sarà non in accordo con la Bibbia, ciò significherà che le parole sacre sono state male interpretate”
Consegnate a due operai due pietre di quarzo grezzo, ricoperte da incrostazioni di ogni genere che li rendono opachi e neri e ordinate loro di farne due prismi dalle pareti ben levigate.
Un operaio lavora bene, attentamente e prepara un prisma perfettamente equilibrato in tutte le sue angolature con pareti lisce e pulite, l’altro non lavora o lavora male e lascia la sua pietra irregolare e sporca
Il primo quarzo diventato trasparente l’altro, rimasto grezzo, pur avendo in se la potenzialità di divenire trasparente è rimasto nero. Il 1° grado: l’etica, il senso del dovere morale e materiale.
Dal Kybalion
Polarità "Tutto è duale,; tutto ha poli; ogni cosa la sua coppia di opposti. Il simile ed il diverso sono uguali; gli opposti sono di natura identica, seppur differenti in grado. Gli estremi si toccano; tutte le verità non sono che mezze verità, e tutti i paradossi possono essere conciliati".
Il principio ribadisce l'esistenza d'una seconda facciata della stessa medaglia.
Esempio emblematico il bene ed il male.
Ebbene, applicando il principio della polarità, l'ermetista sa come trasmutare l'uno nell'altro. Trattasi dell'alchimia mentale, un'arte la cui applicazione consente, a chi ne è padrone, il cambio della polarità propria e di quella altrui);
Da Poimandres
«Ma in quanto agli stolti, ai cattivi, ai viziosi, agli invidiosi, agli avidi, agli assassini ed agli empii, io sono lontano da loro e li abbandono al dèmone vendicatore che versa nei loro sensi un fuoco penetrante, li spinge sempre più verso il male per aggravare la loro pena e, senza posa, eccita le loro passioni con insaziabili desideri e come nemico invisibile, li tortura e ravviva in essi la fiamma inestinguibile ».
«Le passioni e i desideri rientrano nella natura irrazionale; ciò che resta s'innalza così attraverso l'armonia, abbandonando
alla prima zona la facoltà di crescere e decrescere,
alla seconda l'industria del male e l'inganno divenuto impotente,
alla terza l'illusione ormai incapace di desideri,
alla quarta la vanità del comando che non può più essere soddisfatta,
alla quinta l'arroganza empia e l'audacia temeraria, alla sesta l'attaccamento alle ricchezze ora senza effetto,
alla settima la menzogna insidiosa.
E, spogliato così di tutte le opere dell'armonia, giunge
all'ottava zona, non avendo più che il suo proprio potere, e canta, con gli esseri, inni in onore del Padre.
Quelli che sono colà gioiscono nella sua presenza, ed egli, divenuto simile a loro, ode la voce melodiosa delle potenze che sono al disopra dell'ottava natura e cantano le lodi di Dio.
E allora salgono, per ordine, verso il Padre e s'abbandonano alle potenze e, divenuti tali, nascono in Dio.
Questo è il bene finale di quelli che posseggono la Gnosi: divenir Dio.
L'influsso viene dall'alto, mentre la sensazione viene dall'essenza del corpo, accoglie l'influsso e lo palesa, avendolo reso corporeo.
Le sensazioni muoiono e nascono col corpo, col compito di indicare la misura del male e del bene procurato o sottratto al corpo.
In esseri animati sono crescenza e decrescenza solo corporee negli esseri animali.
In esseri ragionevoli si attuano congiuntamente alla ragione.
Negli esseri animati le sensazioni sono conseguenti a sofferenza e godimento, che sono pena o piacere, guidate dalla parte irragionevole dell'anima, quindi nocive.
Comprendi tutto insieme: i tempi, i luoghi, le cose, le qualità, la quantità, e tu comprenderai Dio. Ma se rinchiudi la tua anima nel tuo corpo se l'abbassi e se dici: " Io non comprendo nulla, io non posso nulla, io non so che cosa sono né che cosa sarò " che hai di comune con Dio?
Se tu sei cattivo e legato al corpo, che puoi comprendere delle cose belle e buone?
Il sommo del male è di non voler conoscere il divino: ma poterlo conoscere e volerlo e sperarlo, è il mezzo di arrivare al bene per una via diritta, unica e facile.
E, seguendola, tu incontrerai il bene dovunque, tu lo vedrai in ogni luogo, nel sito e nell'ora dove meno tu lo aspetti, nella veglia, nel sonno, in mare, in viaggio, di notte, di giorno, parlando, tacendo.»
La profezia di Ermete [9]
«O Egitto, Egitto, dei tuoi culti non resteranno che leggende, che saranno anche considerate incredibili dai tuoi posteri, rimarranno solo parole incise sulla pietra, che narreranno le tue pie azioni.
Abiterà l'Egitto lo scita e l'indiano, o qualche altro popolo simile, cioè un vicino barbaro.
Infatti non appena la divinità risalirà in cielo, gli uomini abbandonati moriranno tutti, e così l'Egitto, priva­to degli dèi e degli uomini, sarà deserto.
A te mi rivolgo, o fiume santissimo, a te preannuncio il tuo futuro: la tua acqua, divenuta un impetuoso torrente di sangue, si riverserà fuori degli argini, e le onde divine non solo saranno insozzate dal sangue, ma a causa di ciò eromperanno fuori dagli argini e il numero dei morti sarà mag­giore di quello dei vivi; chi sopravvivrà sarà riconosciuto per egi­ziano per la sua sola lingua; per il suo modo di agire, egli sembrerà infatti di un'altra stirpe.
Perché piangere, Asclepio?
L'Egitto si lascerà trascinare in cose peggiori di queste e si macchierà di delitti più gravi, proprio l'Egit­to, che, un tempo terra santa, piena d'amore per gli dèi, unica sede di questi solo per il merito della propria devozione, maestra di santità e pietà, sarà l'esempio della peggiore crudeltà.
Allora gli uomini annoiati dalla vita non considereranno più il mondo degno di adorazione e devozione. Quest'universo, che è colmo di bontà, e del quale nulla di migliore vi è stato, vi è, vi sarà che possa esser visto, sarà in pericolo e diverrà un peso per gli uomini, e per questo sarà disprezzato e non si amerà più quest'universo, opera inimitabile di Dio, gloriosa costruzione, piena di bontà, composta da un'infinita diversità di forme, strumento della volontà di Dio, che generosa­mente protegge la sua creazione, dove si riunisce in un medesimo complesso, in un'armoniosa diversità, tutto ciò che, degno di riverenza, di lode e di amore, si offre allo sguardo.
Le tenebre saranno preferite alla luce, si giudicherà più vantaggiosa la morte della vita, nessuno leverà più i suoi occhi verso il cielo; l'uomo pio sarà consi­derato pazzo, l'uomo empio saggio, il pazzo furioso prode, il peg­gior uomo sarà considerato buono.
L'anima e tutte le credenze che la riguardano, in ragione delle quali essa è immortale per natura o pensa di divenire tale, secondo ciò che vi ho esposto, non solo saranno oggetto di scherno, ma saranno considerate vanità. Credete a me, sarà decretato che colui che si sarà dedicato alla religione dell'anima sia soggetto alla pena di morte.
Si stabiliranno nuovi diritti, una nuova legge; niente di santo, niente di pio, degno del cielo e degli dèi che lo abitano, sarà ascoltato o sarà creduto.
Av­verrà la deplorevole separazione degli dèi dagli uomini, rimarranno solo gli angeli malvagi, che, mescolandosi agli uomini, spingeranno con la violenza i miseri a tutti gli eccessi dell'audacia volta al male, li istigheranno a fare guerre, rapine, frodi e a tutto ciò che è contrario alla natura dell'anima umana.» 58
Dato che il decreto del cristianissimo imperatore Teodosio che metteva fuorilegge il « pagane­simo» non sarebbe stato emanato che nel 391, le premonizioni miste­riose dello sconosciuto autore di questo brano minaccioso sono a dir poco straordinarie
« Quando queste cose saranno accadute, o Asclepio, allora quel Si­gnore e Padre, Dio, che è primo in potenza rispetto a tutti, e crea­tore del Dio che è primo rispetto agli esseri creati, considerando questi costumi e queste malvagie azioni volontarie, tentando con la sua volontà, che è bontà divina, di opporsi ai vizi e al progressivo corrompersi di tutte le cose, volendo purificare il mondo dal male, annienterà ogni malizia e ricondurrà il mondo al suo primitivo aspetto, in modo che appaia nuovamente degno di essere adorato e ammirato, e che Dio, creatore e restauratore di una così grande opera, sia glorificato dagli uomini che vi saranno allora, con fre­quenti inni di lode e di benedizione. Questa sarà la rinascita del mondo: un rinnovamento di tutte le cose buone e una restaurazione santissima e solenne della natura stessa.59 Rinnovamento e restaurazione dell'antica bellezza.»
"L'uomo, che ha l'intelligenza, conosca se stesso, per arrivare al Bene Perfetto. Ma colui che per errore dell'amore amò il corpo, va errando nelle tenebre, sottomesso per i sensi alle condizioni della morte, mentre c'è il ritorno in Dio per coloro che posseggono la Gnosi, bene supremo».
L’insegnamento di Krishna
Inutili saranno i tuoi esempi se frequenterai i buoni; ma non devi avere paura di vivere fra i cattivi per ricondurli al bene.
L'uomo virtuoso è simile ad un albero gigantesco, che con l'ombra benefica diffonde sulle piante che lo circondano la freschezza della vita».
Talvolta Krishna parlava, con voce soave e con seducenti immagini, di abnegazione e di sacri­ficio, facendo traboccare un profumo d'amore da tutta l'anima sua: «Come la terra sopporta coloro che la calpestano e le squarciano il seno nel lavorarla, così noi dobbiamo rendere il bene per il male. L'uomo onesto deve cadere sotto i colpi dei cattivi, come l'albero di sandalo profuma la scure, con la quale viene colpito quando lo si abbatte».
I guerrieri, coloro che erano pagati per uccidere il nemico, andarono per arrestare Krishna
E Krishna parlò loro dell'intimo stato di schiavitù di quelli che operano male e della celeste libertà di coloro che fanno il bene anche facendo la guerra., e gli kshatriyas ne furono pieni di gioia e di sorpresa, perché si sentirono liberare da un enorme peso, e dissero:
- Veramente tu sei un gran mago, poiché avevamo giurato di condurti al re avvinto in catene di ferro, ma ci è impossibile farlo ora che tu ci hai liberato dalle nostre.

Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.