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venerdì 16 settembre 2011

I quattro mondi nella Cabal

Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.

All'inizio del XIV secolo si cominciarono a distinguere cabalisticamente quattro mondi nel creato:
Al centro si trova la colonna dell'equilibrio che da Keter, attraverso Tiféret e Yesod, raggiunge Malkút. A sinistra e destra di Keter si dipartono altre due colonne: quella della Grazia, attraverso Hokmah, Chesed e Netzah; quella della severità risalendo attraverso Hod, Gevuráh e Binah.
la Atzilút, emanazione (il più alto e nobile, bene assoluto);
la Beriáh, creazione (il secondo, il comparire di qualcosa dal nulla, la creazione ex-nihilo);
la Yetziráh, formazione (il terzo, il mondo degli archetipi, dei simboli, degli angeli, dove male e bene sono presenti insieme);
Asiyáh, realizzazione (l'ultimo e più basso, dove ciò che conta è l'agire, i risultati, la materia, dove il male tende a prevalere).
Al primo mondo (emanazione) appartengono Keter, Hokmah e Binah.
Da Keter origina Hokmah, femminile rispetto a Keter, maschile nei confronti di Binah che lo segue.
Dall’unione di Hokmah e di Binah originano le successive sephiroth.
In tal modo al secondo mondo (creazione) si associano alle prime tre sephiroth le tre successive: Chesed, Gheburah e Tiféret: misericordia, giustizia ed equilibrio o bellezza.
Gheburah è la giustizia ed è detta anche paura”, paura del giudizio in quanto questa sephirah ha il controllo del “male”, ma viene mitigata da Hesed, misericordia in quanto non vi può essere giustizia senza misericordia.
Da queste deriva l’equilibrio: Tiféret.
Questa seconda triade rappresenta la parte più spirituale del terzo mondo (formazione) che è completato dalla terza triade Netzac, Hod, Yesod, il mondo degli archetipi, degli angeli, dei simboli, nel quale male e bene sono presenti.
Il quarto mondo è dato dall’unione di Tiféret, Netzac e Hod con Malkut, la materia. È il mondo in cui il male prevale e dal quale bisogna iniziare la risalita attraverso Yesod e Tiféret per arrivare alla comprensione della prima triade attraverso la “Conoscenza”, Da’at che non è una sephirah reale, ma che possiamo considerare come una sephirah “virtuale” che Dio consente all’uomo di sviluppare con i suoi mezzi.
(vedi il capitolo su Da’at nell’ottavo volume.)



A questo punto desidero fare una considerazione che pur avendo letto moltissimo sulla Cabala non ho mai trovata espressa in modo esplicito. Osservate la sephirah Tiféret nel diagramma cabalistico che rappresenta la visione grafica dell’Albero della Vita diviso in “quattro mondi”.
Tiféret è la sephirah che è presente nel secondo nel terzo e nel quarto mondo, l’unica presente in tutti i mondi tranne che nel primo mondo, quello della “emanazione” che discende da Dio e Dio rappresenta.
È la sephirah posta al centro di tutta l’architettura cabalistica.
È la sephirah sulla quale convergono e dalla quale si dipartono il maggior numero di sentieri.
È la sephirah che bisogna necessariamente attraversare se si vuole arrivare alla “Conoscenza”.
È l’unica delle sephiroth (al di fuori di quelle della prima triade) che attraverso la “conoscenza” (Da’at) ha un sentiero diretto con Keter.
Ebbene l’attributo di questa sephirah è “equilibrio” o “bellezza”.
In quanto ad “equilibrio” mi pare chiaro il messaggio: nessuno arriverà a percorrere la via mediana, la “Via Regale” che ha in sé la capacità di unificare gli opposti.
Non per nulla Tiféret è associata al Sole che tutto illumina e con la sua energia consente alla Natura di esistere.
Abbiamo detto che a Tiféret spetta anche l’attributo di “Bellezza”. Su questo un solo timido accenno: nella Cabala si ritrova il “mondo delle Idee” di Platone, come non pensare che in una emanazione di Dio non sia presente il Bello assoluto: l’idea del Bello?
Nello stesso modo troveremo nell’Albero cabalistico le altre Idee assolute, come la Giustizia, la misericordia, la saggezza e via dicendo.
(Questa mia considerazione sulla sephirah posta al Centro dell’Albero della vita ha stimolato il fratello G. B. M.V. della Loggia n° 135 della G.L.R.I., che mi ha inviato una sua interessante interpretazione di come questa lettura cabalistica possa trovare una bel riscontro nella interpretazione di una frase del nostro Rituale “punto dal quale un Maestro non può errare”.
Riporto integralmente il suo messaggio in quanto in esso vedo una lettura originale ed esplicativa della ermetica frase che si trova nel nostro Rituale.
Egli mi scrive:
«Bellissima intuizione, anche dal punto di vista grafico.
Tiféret : il punto mediano, l’equilibrio dei mondi della creazione, il sottile bordo che separa gli scacchi bianchi da quelli neri.
Ma perché non anche Tiféret il trampolino di lancio del vero iniziato, verso quella finestra (anzi, più un buco della serratura) che s’affaccia sul mondo superiore costituito da Da’at ?
Mi spiego meglio.
Seguendo la tua spiegazione/illuminazione.
Il primo pensiero che mi è venuto è quello del “punto dal quale un M.M. non può errare”…
In altre parole, il Maestro è colui il quale giunge, nel suo percorso di ascesi spirituale, in questo punto (il Centro), mediano e che quindi partecipa di tutti quanti i mondi della creazione, e quindi partecipa del male, quanto del bene, della luce, quanto del buio, delle virtù quanto dei vizi, sapendo trovare in essi il punto di equilibrio (Tiféret , appunto) e quindi non potendo errare.
Ma, poi mi sono spinto un po’ più in là.
Giustamente tu scrivi che solo passando da Tiféret si può arrivare alla sephirah/non sephirah Da’at, ossia alla Conoscenza unificante, che consente di pervenire alla comprensione (quantomeno parziale) del mondo superiore.
Ed allora penso, forse Tiféret è si il centro descritto dal rituale di terzo grado, dove gli iniziati, Maestri, possono (o dovrebbero) giungere per non errare. Ma non è la fine del percorso. Quello è il punto da cui non si può errare, perché è il punto che ci dirige direttamente verso il ns. vero obbiettivo, che è Da’at: la Conoscenza unificante, obbiettivo che forse non raggiungeremo mai (almeno in vita).
L’iniziato che si trova su Tiféret, si trova ancora nel mondo dualistico della creazione (bianco/nero; male/bene; etc.), ad un livello di consapevolezza spirituale, però, che gli consente il giusto distacco dalle contrapposte forze che animano la creazione, manifestando, quindi, un perfetto equilibrio spirituale.
Ma non è ancora giunto alla meta.
La sua meta, infatti, è Da’at, che più che un punto vero e proprio (infatti, non è una vera sephirah, come hai ben chiarito anche tu nel tuo lavoro) è un ulteriore innalzamento del suo livello di consapevolezza, tale che gli consente di “spiare” nel mondo della “vera luce”, nel primo mondo: quello superiore, il mondo dove dal dualismo si passa all’unità, comprendendo o, per meglio dire, intuendo l’esistenza delle ultime tre sephirot.
Forse questo spiega perché Da’at è una sephirah/non sephirah che partecipa (ma soltanto ai bordi) del mondo superiore.
Ed, infatti, Da’at viene disegnata in modo tratteggiato, invisibile, a suggerire, forse, che non è un punto certo cui ci possiamo aggrappare, che possiamo raggiungere e conquistare definitivamente, ma possiamo soltanto raggiungere temporaneamente, episodicamente (forse nei sogni o nelle visioni ?), e che invece è il luogo (se mi consenti il termine) che raggiungono in maniera stabile e definitiva solo i “Grandi Iniziati” (Budda, Rama, Gesù, etc.), coloro i quali sono riusciti a entrare (e restare), anche se solo in periferia, nel mondo superiore della Vera Luce.
Scusa se ti ho tediato, ma questo tuo stimolo mi ha “stimolato” parecchio.»
M.B. con l’apporto di G.B.

Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.