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domenica 11 settembre 2011

Tragedia dell'11 settembre: "Il nostro impegno comune per un mondo più sicuro, aperto e pacifico"

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del decimo anniversario dell'attacco terroristico sul territorio americano dell'11 settembre 2001, ha inviato al Presidente degli Stati Uniti, Barack H. Obama, una lettera in cui ricorda che quella "tragedia ha unito americani e non americani, nel segno del medesimo dolore e di una condivisa determinazione".

Per il Capo dello Stato, "al di la dello shock immediato, tutte le Nazioni e i popoli civili hanno compreso che i nostri valori comuni fondamentali erano stati ripudiati e attaccati. Era necessario combattere contro il terrorismo internazionale, in quanto minaccia diretta non solo contro il mondo occidentale ma contro l'intera comunità internazionale. Questo è divenuto un comune impegno per la comune sicurezza".

Nel rilevare che "importanti risultati sono stati raggiunti", il Presidente Napolitano sottolinea che "la sicurezza di tutti rimane fondamentale. Ma dobbiamo anche guardare avanti e rafforzare quella solidarietà internazionale e multilaterale che ci ha sostenuto dieci anni fa. Non abbiamo semplicemente combattuto il terrorismo. Abbiamo salvaguardato i nostri valori comuni in pericolo; abbiamo difeso i diritti umani, lo stato di diritto, la libertà e il rispetto per la vita umana; abbiamo rifiutato uno scontro tra culture e abbiamo promosso il dialogo; abbiamo preservato i fondamenti e la legittimazione della comunità internazionale".
La lettera del Capo dello Stato al presidente Obama si conclude con la conferma del "nostro impegno comune per un mondo più sicuro, aperto e pacifico".
Il Presidente Napolitano aveva raccontato a Bruno Vespa, in una intervista rilasciata per una speciale trasmissione televisiva sul decimo anniversario degli attentati dell'11 settembre negli Stati Uniti d'America, i suoi ricordi personali: "Io ero allora membro del Parlamento Europeo. Ero appena arrivato a Bruxelles per partecipare all'attività parlamentare e quando ebbi una vaga notizia di qualcosa che era accaduto e che avrei potuto meglio comprendere appena avessi acceso la televisione in albergo, andai nell'albergo di Bruxelles, dove avevo prenotato la stanza, accesi la televisione e vidi quelle spaventose immagini provenienti da New York".. "Mi misi subito in contatto con la sede del Parlamento Europeo - ha continuato il Presidente Napolitano - e mi fu immediatamente detto di non muovermi dall'albergo perché si stava sgomberando completamente la sede del Parlamento per il timore che accadesse qualcosa anche lì, che arrivasse un attacco anche lì. E quindi quello che ricordo é lo sgomento e anche un senso di impotenza".
Il Presidente Napolitano, nel corso dell'intervista, si è quindi soffermato sulle conseguenze degli attentati: "All'11 settembre conseguì innanzitutto la presa di coscienza da parte della comunità internazionale di una minaccia e di una sfida inaudite, e si comprese bene che quella minaccia e quella sfida non erano dirette soltanto all'America, agli Stati Uniti. Lo si comprese molto prima che l'attacco fosse portato, come poi avvenne, anche in Europa, in grandi città europee come Parigi, Londra, Madrid. E quindi quello che io posso mettere in evidenza è che cambiò qualcosa di profondo nel modo di concepire la propria sicurezza, ma non solo da parte di alcuni Stati. Quello che forse fu un effetto non previsto da coloro che ordirono l'attacco alle torri gemelle, fu un avvicinamento tra i membri della comunità internazionale. E a partire da quel momento Stati anche molto diversi e anche non alleati tra loro, voglio dire dagli Stati Uniti e dagli Stati dell'Unione Europea, alla Russia alla Cina, compresero di dover affrontare insieme un nemico comune. E questo é stato essenziale per tutti gli svolgimenti successivi. Credo che naturalmente era inevitabile una reazione immediata, cercare di colpire una centrale del terrorismo internazionale di matrice islamica che poteva annidarsi, che sicuramente si annidava, in Afganistan, Al-Qaeda, e quindi la decisione di portare le armi in Afganistan per scovare e colpire quella centrale del terrore".

Per il Capo dello Stato "questo fu uno solo degli eventi che segnarono e che hanno segnato il decennio. Perché nel corso di quegli stessi 10 anni é cambiato, per tanti aspetti, il mondo. Il fatto fondamentale fu capire che non bisognava, soprattutto noi, Stati occidentali, America e Europa, lasciarsi attirare in quello che si pretendeva, da parte di Al-Qaeda, potesse essere uno scontro tra civiltà. Bisognava non confondere l'attacco terroristico, né con la religione musulmana né con la cultura islamica; bisognava anzi trovare la strada per dissipare motivi di incomprensione e di contrapposizione tra mondi diversi, per arrivare ad una concezione comune della sicurezza, dello sviluppo. In fine dei conti, della pace e della giustizia tra le nazioni".

Quanto alla guerra in Afganistan, il Capo dello Stato ha sottolineato che "é del tutto inedita perché dall'altra parte c'è un nemico che si prepara nell'ombra, che colpisce in modo inaspettato, che si maschera e che dispone di propri agenti disseminati nel territorio di tanti paesi che naturalmente cercano di suscitare delle adesioni, dei consensi, per lo meno delle condizioni favorevoli per poter sferrare i propri attacchi. Che questa fosse una partita molto difficile credo che non lo compresero solo gli americani".

Alla domanda sul diretto rapporto tra crisi finanziaria internazionale e attacco alle Torri Gemelle, il Capo dello Stato ha risposto: "Non metterei così meccanicamente in relazione la crisi finanziaria con l'attacco alle torri gemelle, cioè con l'esplodere del terrorismo di matrice fondamentalista islamica. La crisi finanziaria globale é scoppiata, ha preso corpo, tra il 2007 e il 2008". "Quello che però é essenziale - ha rilevato il Presidente Napolitano - é quanto é cambiato nel decennio il mondo, dal punto di vista degli equilibri economici e politici mondiali. E si sono fatti passi in avanti molto forti nella via della globalizzazione. Siamo davvero diventati un mondo interconnesso e c'è una interconnessione tra gli aspetti di sicurezza, gli aspetti economici e gli aspetti politici. Per l'Europa, per paesi come il nostro, tutto é cambiato. Sono comparsi nuovi grandi attori sulla scena economica mondiale, la competizione si é fatta estremamente dura, estremamente difficile e di fronte a queste nuove prove, l'Italia ha mostrato e sta mostrando, insieme con i suoi punti di forza che ci sono - e guai a sottovalutarli - anche i punti deboli, i problemi irrisolti che si trascina da troppo tempo dietro".

Alla domanda: "ce la faremo?", il Presidente Napolitano ha risposto: "Ce la dobbiamo fare, ce la possiamo fare. Io non ho mai dubitato un solo momento della capacità di un paese come il nostro che si é rialzato da cadute tremende, di trovare la strada di un nuovo sviluppo nel prossimo futuro. Per questo é indispensabile più di una cosa. La prima cosa é capire quanto sia cambiato il mondo, capire che noi tutti qui, e voglio dire di ogni classe sociale, non solo di ogni parte politica, non possiamo più ragionare come se stessimo nel 1980. Siamo nel 2011 e bisogna trarne tutte le conseguenze, anche dal punto di vista delle nostre aspettative e dei nostri comportamenti, individuali e collettivi. E la seconda cosa da capire è che noi ci siamo rialzati da cadute tremende del passato come dopo la Seconda guerra mondiale perché abbiamo saputo trovare un forte cemento unitario nazionale al di là delle divisioni politiche che pure negli anni '40-50 erano molto aspre. Dobbiamo saper ritrovare egualmente il modo di costituire un forte cemento unitario, una forte coesione nazionale e sociale nell'interesse del nostro Paese".