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sabato 23 luglio 2011

Nuove scoperte sulla Massoneria di Rito Egizio a Napoli

Di Mariano Iodice G:.M:. 3:.33:.

Nascita del Rito Egizio a Napoli - Il Conte di Cagliostro arrivò a Napoli nei primi giorni di dicembre del 1773. Ad accoglierlo sulla banchina del porto il cavaliere Luigi d’Aquino Fratello massone iscritto alla Loggia della “Perfetta Unione” osservante una ritualità egizio-templare. Il conte di Cagliostro, che aveva assunto in quel periodo la maschera profana di marchese Giuseppe Pellegrini, era accompagnato dalla moglie Lorenza. Pochi mesi prima alcune delle più influenti Logge massoniche europee salutavano quella che era da considerarsi una loro affermazione sul papato.

Papa Clemente XIV, il 21 luglio 1773 aveva promulgato l'editto Dominus ac Redemptor con cui veniva decretato lo scioglimento della Compagnia di Gesù. I gesuiti accettarono la decisione del pontefice senza apparente opposizione alcuna. Su pressione delle corti borboniche, il generale dell’Ordine, Lorenzo Ricci, fu arrestato e tenuto prigioniero in Castel Sant’Angelo fino alla sua morte (1775). Le grandi potenze dimostrarono immediatamente la loro soddisfazione, facendo sostanziali concessioni: Benvenuto, Pontecorvo ed Avignone furono restituite alla Santa Sede. Austria e Germania incamerarono tutti i beni della Compagnia.

Nel corso dell’anno successivo allo scioglimento dell’ordine si verificò un repentino peggioramento della salute del papa che lo condusse in poco tempo alla morte, avvenuta il 22 dicembre 1774. Molti sospettarono una morte per avvelenamento, ma sia il medico personale che il confessore affermarono che il decesso fosse dovuto solo all'età e a cause naturali. Venne sepolto in San Pietro, ma nel 1802 i suoi resti mortali furono traslati nella chiesa francescana di Santi Apostoli, dove il Canova gli eresse un monumento funebre. È interessante notare come nessun papa successivo abbia scelto il nome di Clemente.Il Conte di Cagliostro elegge il palazzo d’Aquino sede dei esperimenti di alchimia spirituale e di lezioni di chimica, filosofia e medicina apprezzate dall’aristocrazia e nobiltà napoletana e seguite, in particolar modo, da un pubblico femminile.

A palazzo di Sangro e alla sua cappella misterica vengono riservato i riti segreti della sua Massoneria egizia. A Malta il conte di Cagliostro aveva assimilato simboli e miti dei cavalieri Templari tramandati dai moderni cavalieri Gioanniti. Si diceva dei neotemplari cattolici che "studiavano la cabala, cercavano la pietra filosofale, esercitavano la negromanzia e l'evocazione degli spriti". L'epoca era favorevole alla "contaminazione" della Massoneria con il misticismo e l'occultismo.

A Napoli il Gran Cofto, iniziato dallo spirito di Raimondo di Sangro ed accompagnato lungo la Via Maestra della conoscenza da Luigi d’Aquino, travagliò insieme a Maestri di Logge ermetiche che coltivavano le antichissime tradizioni alessandrine del tempio di Iside.Tale fu il crogiolo alchemico dal quale scaturì il Rito Egizio del Conte di Cagliostro. Nei mesi durante i quali il Conte opera nella Napoli misterica tra i confratelli del suo nuovo rito, i luoghi di forza della città si impegnarono fortemente del suo potere spirituale.

Nel mondo profano non si sottrasse ai canonici riti salottieri testimonianza della sua maschera destinata al volgo. In mezzo a tanta promiscuità dilagante, au contraire, Cagliostro non fece mai prostituire la sua consorte, uno dei capi di accusa della futura condanna della Inquisizione. Così come ai fratelli fu chiara la vera essenza della pratica del sistema della massoneria egiziana. Un rito occultato spesso tra le pieghe di pratiche profane, un flusso di energia che compiva tra levità e lussuria la Grande Opera. Volentieri il conte cedeva alle lusinghe di giovani cortigiane attratte dal magnetismo di un anima che parlava all’essenza degli uomini. Le dame chiedevano di conoscere il futuro e il Gran Cofto interrogava per loro i fratelli invisibili.

La predizione avveniva con il sistema caro agli ierofanti egizi che nella limpidezza dell’acqua lustrale scorgevano le ombre del divinire. Nella caraffa magica lo spirito s’incorpora nell’acqua e attraverso di essa anche nella persona postulante. La pupilla, sotto la guida energetica del Gran Cofto, parla con la voce dello spirito guida e risponde ai quesiti ad essa posti, "giungendo, come spiega Eliphas Levi, fino all'estasi per predire col mezzo dell'idromanzia, essendo l'acqua un eccellente conduttore, un potente riflettore e un mezzo molto rifrangente per la luce astrale, come lo provano i miraggi del mare sulle nubi". Oltre le colonne del Tempio il Gran Cofto abbandonava la veste e i rituali ad uso dei profani. Praticare la Massoneria egiziana voleva significare, prima di tutto, risalire al principio della vita cioè conoscere la prima materia e riconquistarla, attraverso la uccisone di Mercurio-serpente-tempo.

Il processo coinvolge uomini e donne, attraverso tre gradi progressivi maschili e femminili. Gran Maestro della Loggia femminile è Serafina. Il rituale della Massoneria egiziana si fonda su una interpretazione psicologica delle operazioni alchemiche, le quali si riducono ad un operazione ultima e fondamentale: la uccisione di Mercurio da parte del fratello egiziano o la decapitazione del Serpente da parte della sorella egiziana. L'operazione è compiuta con il pugnale, che come tutte le armi che prolungano o fortificano l'attività del soggetto è simbolo solare e maschile. Fondamentale il fatto che anche la sorella maneggia l'arma e decapita , altrimenti non potrebbe affermare "io sono un uomo" (mistero del III grado).

Si può parlare di una pratica sessuale cosmica della fecondazione. Mentre palazzo d'Aquino rimane teatro di incontri ed esperimenti dedicati ai profani, il conte di Cagliostro elegge Tempio alchemico-templare del principe di Sangro sede dei rituali del Grado Supremo della Massoneria egiziana. Il "Sistema" di Cagliostro divenne così un "Alto Ordine", la nota distintiva di esso era la parte esoterica dell'insegnamento della quale non lasciò niente di scritto ( per cui può essere considerata "occulta"), perchè solo a voce egli insegnò ed a pochissimi i segreti delle sue operazioni. In esse il Gran Cofto personifica gli angeli-elementi (facendoli apparire nel cristallo-acqua a mezzo della medium colomba Serafina) e nello stesso tempo intende materializzare la prima materia, captando brani di ectoplasma ottenuto in sedute di più alto livello iniziatico e utilazzando fenomeni di "apporto". In questi rituali il conte di Cagliostro utilizzava la formula magica del Settenario per prendere contatto con "entità" o stati d'animo antropomorfizzati.

Coloro che lo richiedevano, tra quanti erano ammessi nell'anello esterno del Rito Egizio, potevano seguire un percorso di rigenerazione del corpo e dello spirito. Il programma di lavoro si divide, ancora per coloro che lo praticano oggi in Massoneria, in due tappe. Queste due tappe sono precedute da una lunga fase di preparazione. La prima tappa si riferisce alla rigenerazione "morale", ossia psicologica e spirituale; La seconda tappa ha come fine la rigenerazione del corpo. Questa fase può essere intrapresa quando è terminata la prima. Similmente ai ritiri effettuati da Mosé, ciascuna di queste due tappe si svolge in quaranta giorni.

Affinché le due tappe riescano, l'iniziato deve vivere secondo un'etica irreprensibile. Gli alchimisti direbbero che l'uomo deve ammorbidire la pietra prima di lavorarla. I mistici insegnavano che il cuore deve essere aperto. Il fallimento è assicurato per gli orgogliosi, i cupidi e gli egoisti. L'iniziato deve prendere tre misure immediate: adottare e rispettare le leggi del paese in cui si trova; amare il prossimo, aiutarlo, essere caritatevole verso di lui; dedicare tre ore al giorno alla pratica della preghiera. Per estensione, deve aver ricevuto l'assicurazione di essere ormai amato da Dio. A questo provvede la preghiera. Così preparato, l'iniziato deve ritirarsi per quaranta giorni. In un luogo solitario, deve ri-centrarsi, non lasciarsi distrarre dai suoi pensieri. Deve vivere in stato di preghiera permanente. I massoni che conoscono i segreti alchemici del loro Rito direbbero che deve trovarsi nella "Camera di mezzo" o al "centro del cerchio". L'iniziato dedica la sua giornata ai riti e alle preghiere.

La Bibbia ci indica che esistono sette grandi angeli. L'obiettivo della prima quarantena è l'ottenimento di un contatto con ciascuno dei sette angeli. Questi sette angeli comunicano al nostro uomo il mezzo per entrare in contatto personale con loro. Questi angeli lo guideranno e l'aiuteranno a diventare moralmente e spiritualmente perfetto. Possono trascorrere degli anni per completare questa prima rigenerazione. Se l'uomo dovesse morire senza aver effettuato il secondo ritiro, ciò non è grave. La pietra ammorbidita continuerà ad essere lavorata su altri piani. Per questo primo ritiro,Cagliostro utilizza dei metodi di cui ritroviamo tracce dall'antico Egitto. Ora l'iniziato può intraprendere il secondo ritiro di 40 giorni. In primavera, in occasione del plenilunio di maggio, si isola nuovamente. Si attiene ad un regime alimentare sano e frugale. Ogni giorno assume certe sostanze preparate secondo procedimenti alchemici tutto sommato piuttosto semplici. Sudorazioni ed altri processi di eliminazione gli consentiranno di evacuare gli umori viziati. È a questo punto che si opera in lui una vera trasformazione. Pelle, denti, unghie, capelli si rigenerano. Ciò gli consente di prolungare la sua esistenza. Non per diventare immortale nel corpo, ma per disporre del tempo necessario per ripassare dal biologico allo spirituale.

Così in riti che fanno parlare le anime si rinsaldava e confermava il profondo amore tra il conte e i suoi Fratelli Massoni di Rito egizio che l’inquisitore non riuscì ad infangare. La Massoneria regolare tentò più volte, senza successo di accogliere nei suo templi il conte di Cagliostro ed i Massoni egiziani. Si legge in un carteggio di una Loggia regolare romana: "...Egli costantemente ha rigettato le nostre preghiere, senza mai sortire da questa istruzione tanto semplice che lodevole: Fate del bene egli diceva, adorate l'Ente Supremo, rispettate il vostro Sovrano, le vostre Leggi, il vostro Governo, infine siate onesto verso gli altri secondo il giudizio della vostra coscienza; non occorre di più per essere un vero e buono Massone. Non attendete , dunque, da me alcun altro ragguaglio relativamente alla Dottrina Massonica considerata secondo il punto di veduta della Morale e della Metafisica...". 




D'altra parte, il Rito Egizio fondato dal conte di Cagliostro, a buona ragione, poteva considerarsi una Massoneria veramente compiuta. La triplice programmazione cagliostriana: la medicina universale per la salute del corpo, il Rito degli antichi egiziani per la salute dell'anima e la Pietra Filosofale per la ricchezza profana forniva la triade perfetta che ogni Massone ricerca sullaVia Maestra. "La Massoneria ordinaria è una via pericolosa che conduce all'ateismo; io ho voluto salvare i Massoni da tale pericolo ed indirizzarli, fino a che vi fosse ancora il tempo verso un nuovo Rito, alla credenza in Dio e nella immortalità dell'anima . Le fome e i Riti della Massoneria egizia sono sati approvati e celebrati da preti e alti prelati e saranno sanzionati dal Papa. Io credo che l'uomo, creato a immagine di Dio, può, per sua protezione speciale, pervenire alla conoscenza e al dominio degli spiriti e procedere di conseguenza ad un'altra sorta di creazione".

Ai primi di settembre del 1775 il conte di Cagliostro abbandona Napoli minacciato dalla crociata antimassonica scatenata dal primo ministro Bernardo Tanucci e dal suo sgherro Gennaro Pallante.Il Tribunale dell’Inquisizione non poteva permettere che la Napoli magica ed egizia erede degli alessandrini d’Egitto del tempio di Iside, di Giordano Bruno, del principe di Sangro e del conte di Cagliostro affiorasse dal suo ventre ancestrale per operare e compiere i grandi misteri. Il grande Cofto fu condannato per la sua opera spirituale e filosofica di quei giorni anche se, nei fatti, il suo processo fu celebrato 17 anni dopo.

VII Infamie della Santa Inquisizione - Le accuse dell’Inquisitore al conte di Cagliostro furono dettate dallo spirito del male: “I primi insegnamenti che avete instillato alla giovine consorte, come ella stessa ha confessato, furono quelli di piacere agli uomini e saperli adescare…. Il portamento, il gesto, le occhiate, la maniera di vestire tutte lascive e scandalose formarono i rudimenti della scuola che le deste…. Dimoraste molti mesi a Napoli traendo vantaggio dell’infame professione chimica e cabalistica… Molti testimoni verificarono di aver sentita nella vostra bocca la vantata scienza di convertire il mercurio in argento e di accrescere la massa dell’oro…. Spacciaste un liquore da voi chiamato vino egiziano atto ad accrescere la lussuria e misteriose polveri medicamentose… Otteneste regali non indifferenti in robe e denari dai vostri adoratori e seguaci massonici, in questa ed in qualche altra guisa sapeste procacciarvi quelle ricchezze che desideravate… Fondaste logge madri del vostro rito egiziano in molte città d’Europa, promettendo ai vostri seguaci massoni di condurli alla perfezione col mezzo della rigenerazione fisica e morale….

Con questa di far loro rinvenire la materia prima ossia la pietra filosofale e l’acacia che consolidi nell’uomo le forze della più valida gioventù e lo renda immortale…Con quella di procacciare loro un pentagono che restituisca l’uomo allo stato dell’innocenza primitiva perduta per il peccato originale…. Ammetteste al vostro empio magistero anche le donne e con esse compieste superstiziose cerimonie invocando gli angeli del Signore…. Ascriveste al vostro Rito egizio anche molti cattolici, travagliaste con diverse pupille….Vorreste fra credere che lo scopo delle vostre adunanze massoniche era il “Segreto dei segreti”e dicevate : multi sunt vocati, pauci vero electi”…. Affermate di non aver mai operato con i diavoli ma il successo del vostro magistero tra le corti e i nobili d’europa vi smentisce vi smentisce….Voglia iddio che tutto il resto del mondo, convinto come deve essere dalle parlanti ruine del tempo, si liberi per sempre dal vostro micidiale contagio”.

La risposta del Conte di Cagliostro viene affidata, in un salto temporale all’indietro, ad una memoria scritta nel cupo della fortezza della Bastiglia: “Sono un cavaliere errante. Non sono di alcuna epoca né di alcun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e, se immergendomi nel mio pensiero risalgo il corso delle età, se distendo il mio spirito verso un modo d’esistenza lontano da quello che voi percepite, divengo colui che desidero. Partecipando coscientemente all’Essere Assoluto, regolo la mia azione secondo l’ambiente che mi circonda. Il mio nome è quello della mia funzione, perché sono libero; il mio paese è quello in cui fisso momentaneamente i miei passi. Datatevi, se lo volete, da ieri, rialzandovi con l’aiuto degli anni vissuti da antenati che furono estranei; o da domani, per l’orgoglio illusorio di una grandezza che non sarà mai la vostra; io sono colui che è.

Non ho che un Padre; varie circostanze della mia vita mi hanno fatto supporre a questo proposito delle grandi e commoventi realtà; ma i misteri di questa origine e i rapporti che mi uniscono a questo Padre incognito sono e restano i miei segreti; che coloro che saranno chiamati a divinarli ed intravederli, come io ho fatto, mi comprendano e approvino. Quanto al luogo, all’ora, dove il mio corpo materiale, circa quarant’anni fa si è formato sopra questa terra, quanto alla famiglia che ho scelto per questo, voglio ignorarli; non voglio ricordarmi del passato per non aumentare le responsabilità già pesanti di coloro che mi hanno conosciuto, perché è scritto: tu non farai cadere il cieco. Io non sono nato dalla carne ne dalla volontà dell’uomo: io sono nato dallo Spirito. Il mio nome, quello che mi appartiene e che da me proviene, quello che io ho scelto per comparire in mezzo a voi, ecco quello che io reclamo. Quello con cui mi si chiamò alla mia nascita, quello che mi è stato dato nella mia giovinezza, quelli sotto i quali, in altri tempi e luoghi, fui conosciuto, li ho lasciati come avrei lasciato dei vestiti non più di moda ed ormai inutili.

Eccomi: sono nobile e viaggiatore; io parlo e la vostra anima freme riconoscendo antiche parole; una voce che era in voi e che si era taciuta da ben lungo tempo risponde all’appello della mia; io agisco e la pace torna nei vostri cuori, la salute nei vostri corpi, la speranza ed il coraggio nelle vostre anime. Tutti gli uomini sono miei fratelli; tutti i paesi mi sono cari; li percorro perché dappertutto lo Spirito possa discernere e trovare un cammino verso di voi. Ai re, di cui rispetto la potenza, non chiedo che l’ospitalità sopra le loro terre, e, quando mi viene accordata, passo facendo intorno a me il maggior bene possibile; ma non faccio che passare. Non sono un nobile viaggiatore? Come il vento del Sud, come la rifulgente luce di Mezzogiorno che caratterizza la piena conoscenza delle cose e la comunione attiva con Dio, io vengo verso il Nord, verso le brume ed il freddo, abbandonando dappertutto sul mio passaggio alcune particelle di me stesso, prodigandomi, diminuendomi ad ogni stazione, ma lasciandovi un po’ di chiarezza, un po’ di chiarore, un po’ di forza, fino a che infine io sia arrestato e fissato definitivamente al termine della mia carriera, all’ora in cui la Rosa fiorirà sopra la Croce.

Io sono Cagliostro. Vi occorre qualcosa di più? Se voi foste degli infanti di Dio, se la vostra anima non fosse così vana e così curiosa, avreste di già compreso! Ma avete bisogno di particolari, di segni e di parole: ebbene ascoltate! Risaliamo ben lontano nel passato perché lo volete. Ogni luce viene dall’Oriente; ogni iniziazione dall’Egitto; io ho avuto tre anni come voi, poi sette, poi l’età d’uomo, e a partire da quest’età non ho più contato. Tre settenari d’anni fanno ventun anni e realizzano la pienezza dell’organismo umano. Nella mia piena infanzia, sotto la legge di rigore e di giustizia, ho sofferto in esilio come Israele tra le nazioni straniere. Ma come Israele aveva con sé la presenza di Dio, come un Metraton lo vegliava nelle sue vie, così pure un Angelo possente vegliava sopra di me, dirigeva i miei atti, illuminava la mia Anima, sviluppando le forze latenti in me. Egli era il mio Maestro e la mia Guida.

La mia ragione si formava e si precisava; mi interrogavo, mi studiavo e prendevo coscienza di tutto quello che mi circondava; ho fatto dei viaggi, parecchi viaggi, tanto intorno alla camera delle mie riflessioni che nei templi e nelle quattro parti del mondo; ma quando volli penetrare l’origine del mio essere e salire verso Dio in uno slancio dell’Anima, allora la mia ragione taceva impotente e mi lasciava in balia delle mie congetture. Un Amore che mi attirava in maniera impulsiva verso ogni creatura, un’ambizione inarrestabile, un sentimento profondo ai miei diritti ad ogni cosa della terra e del cielo, mi spingevano verso la vita e l’esperienza progressiva delle mie forze, della loro sfera d’azione, del loro gioco e dei loro limiti, fu la lotta che dovetti sostenere contro le potenze del mondo; fui abbandonato e tentato nel deserto; ho lottato con l’Angelo come Giacobbe, con gli uomini e con i demoni, e questi, vinti, mi hanno appreso i segreti che concernono l’impero delle tenebre perché non potessi mai smarrirmi in alcuna delle vie dalle quali non si ritorna.

Un giorno - dopo quanti viaggi ed anni! - il cielo esaudì i miei sforzi; si ricordò del suo servitore e, rivestito di abiti nuziali, ebbi la grazia di essere ammesso, come Mosè, dinanzi all’Eterno. Da allora ricevetti con un nome nuovo, una missione unica. Libero e padrone della vita, non pensai più che ad impiegarla per l’opera di Dio. Sapevo che Egli confermerebbe i miei atti e le mie parole come io confermerei il Suo Nome ed il Suo Regno sopra la terra. Vi sono degli esseri che non hanno più Angeli Custodi: io fui uno di questi. Ecco la mia infanzia, la mia gioventù, quale il vostro spirito inquieto e desideroso di parole reclama; ma che sia durata più o meno anni, che si sia svolta nel paese dei vostri padri od in altre contrade, che v’importa? Non sono un uomo libero?".

VIII Viaggio del Conte di Cagliostro verso l’Oriente Eterno - Il Conte di Cagliostro è veramente la menzogna in persona. Quando crediamo d’averlo afferrato e di poterlo costringere a dirci finalmente chi è e che cos’è, egli ci è già sguizzato via come un’anguilla, e ci troviamo a mani vuote. Chi muore in pace? Ricordando il rituale massonico per la celebrazione del solstizio d’inverno, al Primo Sorvegliante si fa dire: "Vi è una pace che sorpassa ogni intendimento. Essa dimora nel cuore di coloro che vivono nell’eternità. Chi è diventato sapiente a proposito di antiche origini, finirà col cercare le sorgenti dell’avvenire e origini nuove". C’è intorno a noi come un’atmosfera impenetrabile di misteri, e quando noi interroghiamo noi stessi, il mistero non cessa, le tenebre diventano più fitte. Vi sono delle ore nella vita di ogni uomo, in cui l’anima si raccoglie, lontano dai rumori del mondo, per chiedersi donde è venuta, dove va. L’uomo ignora l’uomo. La fortezza di San Leo è un luogo terrificante. Un edificio militare imponente, tetro e massiccio, insepugnabile. Remoto come un covento tibetano sulla vetta di una montagna.

Dante nel quarto canto del purgatorio ne ha descritto l'aspetto pauroso ed arcano. In una torrida notte d'agosto il conte di Cagliostro sedeva, serrato con doppia catena ai ceppi, sul pavimento coperto di paglia intrisa di fetida melma e del suo stesso sangue sgorgato dalle ferite alle gambe e alle natiche causate dalle battiture giornaliere con nerbi di bue. Le interminabili ore della sua prigionia scorrevano lente ed inesorabili nella cella più angusta del carcere chiamata il "pozzetto". Al pozzetto si accedeva da una botola posta sul soffitto, per quattro interminabili anni il conte di Cagliostro non salì mai le scale che portavano a quella botola. A lui giungevano i flebili lamenti o le grida dei suoi compagni di sventura nel carcere di San Leo dettate dalla follia che inesorabile scoppiava dopo qualche anno di quella orrida prigionia.

Giuseppe il peccatore, come si faceva chiamare dalle guardie aveva tracciato strani e arcani simboli sul pavimento con un pennello costruito strappandosi i peli della barba e con l'inchiostro fatto mischiando sangue, urina e calce grattata da uno dei muri e ruggine dalle sbarre della cella. Una cupa invocazione, all'inizio appena sussurrata, poi imperiosa e potente, per dominare gli spiriti astrali, sorse dalle labbra del grande Cofto. L'angusta cella si riempì di un barlume di azzurrina luce metapsichica. In mezzo ad essa si materializzò l'eterea figura di una donna. "Vedi i sette angeli, amore mio? Michele, Gabriele, Raffaele, Uriel, Anael, Zobiachel e Anachiel ti riveleranno i segreti". La giovane signora, dagli occhi di un azzurro che rivaleggiava con i riflessi dei grandi laghi dell'Africa, stette in in silenzio. Poi si prostrò su se stessa come colta da un improviso singulto. Guardò il caro marito con un'espressione che esprimeva la tristezza di tutte le donne delle vittime dell'Inquisizione muovendo appena le labbra ma senza emettere alcun suono. Il mattino dopo, quando i carcerieri si affacciarono dall'alto del pozzetto per calare il paniere con il misero pasto giornaliero si ritrassero inorriditi.

Il conte di Cagliostro era sparito. Solo una tenue luce azzurrina riempiva l'orrido cubicolo. "Nell’Anno del Signore 1795 -vergava lo scrivano dell'Inquisitore- il 26 agosto spirò verso le 22.45, a San Leo, Giuseppe Balsamo, soprannominato Conte di Cagliostro, di Palermo, battezzato, ma incredulo, eretico, celebre per fama cattiva, dopo aver diffuso in diverse nazioni d’Europa l’empia dottrina della massoneria egiziana, alla quale conquistò, con sottili inganni, un infinito numero di adepti, incappò in varie peripezie,cui si sottrasse sena danno, grazie alla sua astuzia e abilità. Per sentenza della Santa Inquisizione,relegato a carcere perpetuo nella fortezza di San Leo, con la speranza che si ravvedesse, avendo sopportato con pari fermezza e ostinazione i disagi del carcere per 4 anni, 4 mesi, 5 giorni, colto da improvviso colpo apoplettico, di mente perfida e malvagio cuore come ridiceva, non avendo dato il minimo segno di pentimento, muore senza compianto,fuori della comunione di santa madre Chiesa all’età di 52 anni, 2 mesi e 18 giorni".

È noto che l'Ordine attribuisce ai propri Iniziati un'età simbolca in parte ascrivibile al grado raggiunto. L'età massima del Maestro di Rito egizio è 5557 anni. Il Reghini nota: "5557 è scritto medante tre cinque e sette numeri che indicano l'età rispettiva dell'Apprendista, del Compagno e del Maestro (3,5,7). Il rituale massonico insegna che per arrivare alla "Camera di mezzo" bisogna salire successivamente tre, cinque, sette gradini sopra una scala a vite. Così si spiegherebbe con il simbolismo massonico, la spiritualità dell'età 5557. Anche Zosimo nel suo trattato sulla virtù parla di quindici gradini (3+5+7) risplendenti di luce, che conducono ad un altare in foma di coppa, dove officia il sacerdote del santuario. Si potebbe pure osservare che sommando le cifre di 5557 si ottiene 22, ossia il numero corrispondente all' ultima lettera thau dell'alfabeto ebraico, e all'ultma lama del tarocco. Il thau non è altro che la croce iniziatica e, secondo Levi è il microcosmo, il riassunto di tutto in tutto".

La Storia non deve essere giustiziera; non è da intendere un tribunale che emetta sentenze di assoluzione o di condanna….. La Storia invece deve essere il tentativo di capire come e perché gli uomini sono vissuti. La strana figura del Conte eccitò potentemente col suo continuo nascondersi e trasmutarsi le fantasie dei contemporanei, un mosaico di tessere che ancorché sparse, ancora oggi ci suggestionano restando un mistero. Nell’immaginario collettivo, frammenti arcaici del Codice Egizio di Cagliostro navigano tra le nuove paure, gli incubi e le allucinazioni della solitudine, in un sincretismo stridente, lacerato e scomposto. È cambiato anche il modo di raccontare la propria tragedia, ma anche il nostro modo di ascoltare, raccogliere il racconto dell’eredità del Conte e le sue interpretazioni, essendo rimasto un "caso aperto". La grande fratellanza dei cultori delle scienze occulte si manifesta in modo invisibile alla folla e prosegue per la sua strada, lavorando infaticabilmente alla ricerca del vero.

Sul frontespizio del Codice Egizio si legge:“La nostra anima proviene dalle stelle, miei cari amici, ma se vi spiegassi come lo so non mi credereste”.

IX Un'esplorazione iniziatica –
È il momento adesso di fare una brevissima esplorazione iniziatica nel luogo di forza del ventre di Napoli, alla ricerca del Codice Egizio. I tre vertici di cui abbiamo parlato delimitano un triangolo di Forze. Questi vertici sono impregnati di potentissime energie alchemico-spirutuali. Essi rimandano sotto forma di vibrazione su piani occulti i messaggi Fraterni, frutto di Riti che hanno origine nella notte dell'uomo, che possono essere captati da coloro che amano esplorare l'anima del mondo. Giordano Bruno, il principe di Sangro Iniziatore e Maestro e il conte di Cagliostro, suo primo adepto e continuatore del Rito Egizio da lui stesso reso agibile e perseguibile in tempi moderni, ed i sacerdoti alessandrini del Tempio di Iside, patres e superiori sconosciuti di tutti i Fratelli amanti della Verità, hanno vergato, col sangue, il Codice. Ma i tre vertici delimitano una superficie ed il Codice a causa della sua "profondità" e simbolismo riguarda una piramide. Secondo il simbolismo massonico porre il triangolo sul cubo significa edificare la piramide (4+3+7).

Nel luogo di forza nel ventre di Napoli sotto il triangolo energetico che abbiamo ri-velato (secondo il significato esoterico di velare di nuovo dopo aver svelato) dovrebbe quindi esservi un cubo. E difatti lo troviamo: è il gabinetto alchemico del principe di Sangro, facilmente identificabile, da coloro che sanno, nella cavea sotterranea che si apre nel sottosuolo partenopeo e dalla quale dipartono cunicoli che conducono ai tre vertici.