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venerdì 28 ottobre 2011

La Morte - (parte IV di V)

Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.

Comparsa, missione ed escatologia dell’uomo.

Da dove vengo?
Che ci sto a fare?
Quale sarà la mia sorte finale?
Mi sono posto diverse domande ad ognuna delle quali ho cercato di dare risposte, non attingendo alla mia ragione, ma consentendo al mio “inconscio esoterico” di illuminare la mia mente ed eccitare il mio lobo cerebrale destro a prendere il sopravvento sul sinistro.
Naturalmente non sono arrivato a nessuna conclusione dimostrabile, ma ho potuto avanzare ipotesi, sogni e desideri alla ricerca di mie risposte, figlie della mia immaginazione, che mi piace ritenere essere un’occhiata al di là del velo che ricopre ognuno dei quesiti che mi pongo.
Ognuno può dare la sua risposta e quella risposta è quella valida per lui.
Ognuno può avere la sua visione di una Verità inconoscibile e per ognuno il suo Vero sarà il Vero nel rispetto e nell’accettazione del Vero degli altri.

In altre occasioni ho esposto visioni sulla creazione. Da quello che ho potuto comprendere, le teorie, siano esse esoteriche o basate sulla scienza – in particolare la fisica quantistica – nella loro visione cosmogonica riescono a dare una spiegazione più o meno immaginifica di come siano andate le cose a partire da un attimo che non è il “durante”, ma che si può cominciare a calcolare solo qualche tempo dopo che l’inizio è già avvenuto.
Un esempio per tutti il “tempo di Planck” della cosmologia quantistica.
Si parla di “singolarità” inspiegata ed inspiegabile alla luce della scienza, anche la più attuale.
Ma, lo si voglia o no, Dio fa parte di questi sogni. Ogni uomo, un giorno o l'altro, si è interrogato su Dio. Ogni uomo si è doman¬dato come funzionino le cose e come siano cominciate, come si svol¬ga la storia, come si succedano le generazioni, come funzioni questa macchina enorme, incredibile e presente che è l'insieme del tutto di cui facciamo parte.
Sia che esista, sia che non esista, sia che l'uomo e la sua storia e il mondo e la volta dei cieli siano stati creati da Lui, sia che siano il risultato da una prodigiosa combinazio¬ne di caso e di necessità, io so che non è di Lui che parlo.
Parlo solo dei miei sogni, che sono i sogni di un uomo che sogna Dio.

Nei miei sogni e nella mia immaginazione mi sono sempre domandato come abbia avuto inizio e come funzioni questo meraviglioso palcoscenico nel quale recito liberamente il mio copione.




C'è una storia. Ma forse, anch'essa, ci limitiamo a sognarla. Forse esiste soltanto nella coscienza di ciascuno di noi.
Forse ci limitia¬mo a sognarlo il mondo, col suo passato, il suo futuro, gli altri e an¬che noi stessi. Almeno però li sogniamo e, per noi, quello che so¬gniamo esiste.
Anche l'immaginario è reale.

Anche in tempi più recenti molti scienziati si sono avvicinati al mondo dell'esoterismo e dell'intuizione spirituale (esemplare il caso di Jung).
La tradizione iniziatica delle antiche scuole esoteriche è andata in gran parte perduta.
Nel ridare vita a questi studi, ormai sviliti e confusi, e nel rileggittimarli secondo una dimensione più attuale fu determinante il contributo di Corbin , che divulgò il concetto di mundus immaginalis (un mondo intermedio che si colloca tra la materia e lo spirito).
Dal 1955, Henry Corbin si divide tra Parigi, dove insegna all’École des Hautes Études e dirige il Dipartimento di Iranologia dell’Istituto franco-iraniano, e Teheran.
Nel 1959 esce una delle sue opere più rilevanti, Imagination créatrice dans le soufisme d’Ibn ‘Arabî, fondamentale per capire la nozione di “mondo immaginale”.
Nell’introduzione all’opera, l’autore precisa subito il suo scopo: “Ciò che ci si proporrà è una valorizzazione straordinaria dell’immagine e dell’immaginazione per l’esperienza spirituale”.
Secondo Corbin, il mundus imaginalis è un mondo mediano e mediatore, che si pone tra il mondo empirico della percezione sensibile e il mondo della pura intuizione intellettiva.
L’immaginale è quindi il ponte tra il sensibile e l’intelligibile.
La potenza immaginativa non solo non è degradata alla pura “fantasia”, intesa in senso riduttivo, ma ne è rivalutata nella sua potenzialità di mediazione tra due mondi.
Qualsiasi figura divina archetipica non può essere contemplata che attraverso una figura “concreta”, sensibile o immaginale, che la rende “visibile” esteriormente o mentalmente.
È senza dubbio merito di Corbin aver restituito alla potenza immaginativa e all’immaginale quello statuto che in Occidente avevano perso soprattutto con l’Illuminismo e l’enfasi sulla ragione e la razionalità .
Anche Jung assunse un ruolo essenziale in questo senso, con la sua definizione degli archetipi. Grazie alla sua grande sensibilità interiore e al proprio intuito riuscì ad andare oltre l'aridità della visione scientifica. Riportò alla luce le antiche dottrine iniziatiche, alchemiche ed esoteriche, studiandone le origini e restituendo la propria nobiltà a ciò che appariva inutile e superato, sepolto sotto la polvere del tempo, schiacciato dall'ignoranza e dal materialismo più gretti.
Tra gli studiosi contemporanei che si batterono per riscattare l' esoterismo vanno ricordati Antoine Faivre , René Guenon , Mircea Eliade ed Elémire Zolla .
Non esistono, attualmente, nuove scuole esoteriche di livello superiore , ma solo timidi tentativi compiuti individualmente o in gruppo da persone armate di buona volontà, che attingono l'amore per le origini della conoscenza dalla propria esperienza spirituale".
Chiunque segua la strada esoterica deve essere scevro da settarismi e pregiudizi ed accettare e favorire i rapporti tra le varie dottrine, per approfondirne la conoscenza.
In questa presentazione della mia supposizione sull’origine, la funzione e il destino finale dell’uomo cercherò di essere chiaro e breve nell’esprimere il mio pensiero.
Il primo concetto che devo chiarire è il concetto che io ho di “inconscio esoterico”.
La brevità del tempo a mio disposizione mi costringerà ad essere stringato nella spiegazione, ma “intelligenti pauca”, con la vostra attenta partecipazione spero di farcela.

Secondo Jung l’inconscio collettivo è il bagaglio di conoscenza e sapere, a livello inconscio, comune a tutto il genere umano, che noi ereditiamo dai nostri “antenati” e che deriva dal patrimonio di esperienze, consce ed inconsce, vissute da chi ci ha preceduto.
Non volendo entrare nel merito della moltitudine di accezioni storicamente attribuite a tale concetto di conoscenza, chiariamo subito che ai fini del presente lavoro per conoscenza ci riferiamo a “quella con la C maiuscola”, ossia a quella che la Bibbia chiama “la Sapienza”, quella che potremmo in breve definire la “Conoscenza del Tutto”, ciò cui l’uomo da sempre anela, spinto dalla sua insopprimibile esigenza di rispondere alle sempiterne domande: “chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo”. Domande alle quali ha risposto (o tentato di rispondere) con la filosofia, la religione e altre forme di espressione della spiritualità e che costituiscono quella “prisca theologia” o, se preferite, la Tradizione esoterica che gli iniziati in ogni tempo hanno cercato di trasmettersi l’un l’altro.

È questo l’inconscio collettivo di cui abbiamo appena parlato o c'è qualcosa “di più” ?
Quando Platone fa dire a Socrate che «ogni acquisizione di conoscenza non è altro che un riallacciarsi a qualcosa che si sapeva già» (Faed., 72e), attribuisce a questo sapere un'istanza differente da quella del corpo, e crea così una provincia psichica separata che definisce anima.
Se il sapere esisteva prima, ovvero prima del corpo, non gli appartiene, è staccato da questo e ci si può ricollegare al primo solo sbarazzandosi del secondo. È proprio attraverso il postulato che esiste una conoscenza anteriore, indipendente dall’esperienza personale dell’individuo, il mezzo attraverso il quale Platone arriverà a riconoscere l'esistenza dell'anima e la sua immortalità (Faed., 73a).

Una leggenda ebraica racconta che la ragione per la quale l'uomo, prima di nascere, deve passare nove mesi nel ventre della madre è che lì l'arcangelo Gabriele gli insegna tutta la Torà, quella scritta e quella orale. Per nove mesi, con una candela accesa sulla testa, l'uomo impara tutta la Legge e, solo quando è pronto, può uscire alla luce del mondo. Un istante prima della nascita l'angelo gli spegne con un soffio la fiammella e il bambino dimentica tutto: tutta la sua vita dovrà essere dedicata allo studio della Torà, a cercare di ricordare quello che aveva già imparato. Gli viene spenta la fiammella che portava sulla testa nel ventre della madre e questa viene sostituita dalla luce del mondo esterno. Nei meandri oscuri del ventre materno aveva una luce interna, questa si spegne e al suo posto viene la luce del sole, che abbaglia invece di illuminare. Per questo, continua la leggenda ebraica, il neonato piange al momento della nascita, poiché ha dimenticato tutto e dovrà dedicare tutta la sua vita a cercare di ricollegarsi faticosamente al sapere perduto.
Il neonato piange poiché non sa più o, per meglio dire, non ricorda più ciò che già sapeva.
Sempre la tradizione ebraica dice, inoltre, che Dio diede a Mosè sul monte Sinai, nei quaranta giorni della sua permanenza, non solo la Legge scritta, ma bensì anche tutta quella orale, la Mischnà, il Talmud, i Commentari, i Responsa dei rabbini, tutto il sapere attuale e anche quello che verrà composto secoli e millenni dopo, e lo scopo di tutto lo studio e delle discussioni nelle scuole e nelle yeshivot è quello di riscoprire, attraverso il pilpu l e il confronto intellettuale, quello che Dio aveva già dato a Mosè.

Per la tradizione ebraica, come per gli antichi greci, pertanto, la vera Sapienza non è quella «inventata», bensì quella «ricuperata» dai recessi più reconditi della nostra memoria e, quindi, di noi stessi.
Ovviamente, anche la tradizione cristiana, che a quella greca ed ebraica deve le sue origini storiche e culturali, ritiene che la Conoscenza o, in senso più fideistico, la Verità, sia preesistente e non già una scoperta/invenzione dell’uomo.

In uno dei più celebri passi del Genesi si legge: …Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male... Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti…» .
Strano che, quando l'uomo viene tentato, non sceglie l'albero della vita ma quello della conoscenza. Altrettanto strano è che la proibizione divina non sia verso il primo, ma bensì verso il secondo.
Dio, quindi, non temeva che l'uomo si cibasse dell'albero della vita, prima che si fosse cibato dell'albero della conoscenza, ma solo dopo. E ciò perché evidentemente sapeva di «rischiare» che l'uomo avrebbe desiderato di vivere eternamente solo dopo aver assaggiato la conoscenza.
«…Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora egli non stenda più la mano e non prenda anche dall'albero della vita, ne mangi e viva sempre... Scacciò l'uomo e pose a oriente del Giardino dell'Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita. ».
Prima di aver assaggiato dell'albero della conoscenza, quindi, l'uomo non aveva nemmeno realizzato che l'albero della vita era lì, a un passo di distanza, al centro del Giardino. L'albero della vita è nel centro del Giardino, ma la strada verso di esso passa per l'albero della conoscenza. Se l'uomo non avesse assaggiato del secondo non avrebbe saputo cosa farsene del primo.
Il senso del racconto biblico è, quindi, che solo attraverso la Conoscenza ci si avvicina all'albero della vita: è attraverso la Conoscenza che si arriva a superare la vita e la morte, che in questo contesto sono un'unica cosa.
Cacciato dal Giardino, dove aveva preso contatto con la conoscenza, l'uomo viene condannato al lavoro.
In ebraico, in tutta la letteratura sacra, il lavoro, «'avodà», è il lavoro del Signore, ossia lo studio della Torà. Quindi il lavoro al quale viene condannato l'uomo, dopo essere stato cacciato dall'Eden, è la fatica di cercare di ricollegarsi a quello che aveva già assaporato dentro il Giardino, dentro il ventre materno (come ci racconta la leggenda ebraica), e che era stato rimosso.

La cacciata dal Paradiso Terrestre corrisponde dunque alla rimozione, il dimenticare quello che si era già saputo. Il desiderio di sapere è dunque la sostanza della maledizione biblica. Infatti, solo l'uomo, tra tutti gli animali presenti nell’Eden, è condannato al lavoro: il bisogno di sapere.

Tra gli ebrei esiste la tradizione che solo chi abbia compiuto quarant'anni e abbia studiato a sufficienza la Torà, possa avvicinarsi ai segreti della Cabala, altrimenti rischia la morte o la follia. I segreti più nascosti della Torà possono essere svelati solo alla ristretta cerchia di chi, con lo studio e l’approfondimento spirituale, abbia “gradualmente” (in almeno quarant’anni) dimostrato di esserne degno.
Concetto che è familiare anche alla Tradizione Cristiana, per la quale è sufficiente ricordare la massima evangelica secondo la quale Gesù, rivolgendosi ai propri apostoli (=iniziati) ha detto: "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi ".

Secondo, le maggiori tradizioni culturali e sociali, che costituiscono il patrimonio ed il fondamento della Tradizione Esoterica occidentale, il processo per pervenire alla Conoscenza è eminentemente un processo di ricollegamento a ciò che è già in noi, ossia alla Sapienza che ci proviene da Dio e che abbiamo rimosso. Si tratta, quindi, di una sapienza ricordata, ma non per un magico fiat filosofico o trascendentale o, ancora peggio, attraverso una catena dialettica di razionalizzazioni, bensì dalla ripresa di conoscenza di se stessi, attraverso il ricollegarsi a quello che si sapeva già, ma che era andato perduto.
La differenza tra il profano e l’iniziato, quindi, consiste nel fatto che il primo “non sa di sapere”, mentre il secondo, “sa di sapere e di non ricordare”. Per l’iniziato, quindi, conoscere vuol dire prendere contatto, ricollegarsi con la propria intima essenza, con la propria scintilla divina, con quello che noi abbiamo chiamato il proprio spirito individuale.
Ma l’iniziato sa anche che tale “ricollegamento” non può avvenire nel corso della nostra vita terrena, ecco perché sceglie di “morire” e “rinascere”, proprio perché sa di non avere, in vita, gli strumenti per arrivare alla conoscenza: l'aldiquà non gli basta, è necessario affacciarsi nell’aldilà. Ciò che, forse, chiarisce meglio il senso rituale e simbolico del grado di Maestro, che ci viene presentato quale il grado in cui lo scopo principale è quello di prepararsi a morire.

L’inconscio collettivo racchiude e contiene tutte le conoscenze e le esperienze che l’uomo ha vissuto sin dagli albori della sua conoscenza. È il ricettacolo nascosto dell’esperienza di vita dell’uomo dagli albori della sua esistenza, in altre parole ciò che talvolta noi chiamiamo (magari impropriamente): “istinto”.

Quel “di più” che chiamo “inconscio esoterico” ha un’origine ben diversa.
Nella mia concezione dell’origine dell’uomo ho detto – sul modello delle antiche credenze celtiche – che “Così, due o tre milioni di anni fa ebbe inizio la razza umana generata dalla Terra e ispirata dallo Spirito di Dio” .
Ed ho accettato il concetto che l’uomo è trino, composto da corpo, anima e spirito: il corpo è il prodotto di una lunga evoluzione fisica e mentale, l’anima è l’energia che anima il corpo, oltre ad essere il corpo sottile che tiene il corpo avvinto allo spirito che in esso è incarnato.
"Ogni particella di materia possiede un'energia. Così, il nostro corpo fisico, che è materia, possiede anch'esso un'energia: è questa energia che viene chiamata "anima". Ma poiché l'essere umano in realtà è costituito da più corpi, ciascuno di quei corpi possiede un'anima: per il corpo fisico è l'anima istintiva, per il corpo astrale è l'anima emozionale, per il corpo mentale è l'anima intellettuale. Ogni corpo possiede quindi un'anima: il corpo è il contenente, l'anima il contenuto, ossia l'energia che anima il corpo, e i due sono uniti. La natura stessa, il cosmo, è un corpo, il corpo di Dio, e ha un'anima: si tratta dell'Anima universale che lo riempie della propria quintessenza. Per la Scienza iniziatica, tutto questo è chiaro e limpido: ci sono tante anime quanti sono i corpi."


Lo spirito non è dell’uomo è di Dio, che all’uomo lo ha affidato per la realizzazione del suo progetto di redenzione di quegli spiriti che hanno tradito la Sua fiducia e che, ad ogni modo, sempre di Lui fanno parte .
Lo spirito incarnato nell’uomo, quindi, essendo parte di Dio è onnisciente ed è proprio nello spirito – che Jung trascura – che si trova “nascosto” quell’inconscio esoterico che consentirà all’uomo, lo ripeto ancora una volta all’iniziato, se ne avrà le qualità (dono di Dio) e le capacità (sue personali) di accrescere la propria conoscenza e di fare riaffiorare quel “di più” che potrà arricchirlo.
Nello “spirito individuale” c’è tutta la Conoscenza velata sotto la forma di “inconscio esoterico” e quindi inconoscibile sino a quando, grazie all’iniziazione ed allo studio l’uomo non riuscirà ad andare “al di là” di quello che appare per scoprire ciò che “è” nei limiti in cui Dio glielo consentirà.

Il nostro Spirito individuale, in altre parole, essendo parte dello Spirito di Dio, ha in se la Conoscenza del Tutto, ed è a porzioni di tale Conoscenza che l’uomo o, per meglio dire, l’Iniziato, può aspirare di giungere.

Questa possibilità è riservata all’ “uomo iniziato” che riesce a fare riaffiorare da una conoscenza eterna del passato quei concetti che chiamiamo “esoterici” che nel corso dei millenni si sono sempre più sepolti nell’inconscio.

Risulta forse più chiaro comprendere, adesso, cosa sia l’Inconscio Esoterico. Esso è quel patrimonio di conoscenza, che ci proviene direttamente da Dio, che è già in noi, anzi, per meglio dire, che è sempre stato in noi, mai a livello cosciente, ed al quale tendiamo di “riconnetterci” da sempre. E siccome si tratta di una conoscenza di carattere “metafisico”, nulla di quanto è stato nel passato “ricordato” è diverso o sarà diverso da quanto, anche nel futuro più remoto, sarà “ricordato”.
Ciò che tiriamo fuori, ciò che ricordiamo dal nostro inconscio esoterico è, per sua natura (provenendoci da Dio), immutabile e non suscettibile di evoluzione o progresso. Ciò che può mutare, spesso distorcendolo, sono le forme di trasmissione e di comunicazione di tale sapere.
Ecco perché il mezzo di trasmissione della “Tradizione Esoterica” è sempre stato per mezzo di simboli ed allegorie, perché essi sono gli unici mezzi di comunicazione, conosciuti dall’uomo, impermeabili alle distorsioni ed interpretazioni fallaci.

Nulla viene scoperto o inventato, tutto viene ricordato.

L'uomo è costituito da tre essenze fondamentali: il corpo fisico, l'anima e lo spirito.
L'uomo non diventa uno "spirito" dopo la morte, l'uomo è uno spirito già ora, in questo momento, sempre.
Lo spirito dell'uomo che in altre occasioni ho chiamato "spirito individuale" è Dio che lo ha dato ad un animale evoluto per farlo diventare “persona umana”, Uomo o Donna che sia.
L'uomo è uomo in quanto Spirito, in quanto partecipe dello Spirito Universale, dello Spirito che è Dio.

È necessario fare una distinzione tra "spirito" ed "anima".
Alcuni considerano l'anima immortale, di origine e sostanza divina.
Essa può risultare il contenitore dello Spirito Divino, del Sé, ovvero di una parte della cosiddetta "mente universale".
In gran parte delle più diffuse religioni l''anima è ciò che sopravvive alla morte.

L'anima è energia vitale che da vita al "corpo fisico" e rappresenta il "corpo sottile" che tiene lo "spirito incarnato" in comunicazione con il corpo fisico ed una volta terminato il suo compito, come energia rientra nel ciclo energetico universale spersonalizzandosi..
Secondo la mia visione trascendentale è lo "spirito", che non può andare perduto in quanto parte dello Spirito Divino.
Non vi sembri questa mia un’illazione priva di senso.

Le forme esistenziali dell'uomo sono tre ed ognuna di esse appartiene ad un “mondo”.
Al mondo materiale corrispose il corpo fisico,
al mondo psico-energetico l’anima,
al mondo spirituale lo spirito.
Da ciascuna natura (o mondo o piano) nasce una disciplina di studio: rispettivamente fisica, psicologia e metafisica.

Tale ripartizione è stata ed è caratteristica di ogni dottrina tradizionale, anche se ciascuna dottrina si differenzia nei confini di ciascun piano.

Presente nelle tradizioni asiatiche, caratterizza anche quella ebraica, come dimostrato dall’inizio della Genesi, dove l’anima vivente è raffigurata come unione del corpo con il soffio dello spirito.

Questa ripartizione ternaria fu adottata da Platone, e le correnti filosofiche latine neoplatoniche tradussero i termini greci  (nous),  (psiche) e (soma), con gli equivalenti Spiritus, Anima e Corpus.

La tradizione cristiana ereditò la ripartizione, come riportato all’inizio del Vangelo di San Giovanni, base dell’ esoterismo cristiano, ove la terna Verbum, Lux et Vita corrisponde ai tre mondi citati: spirituale, psichico e fisico (corporale).

San Paolo, nella sua prima lettera indirizzata ai Tessalonicesi, dice testualmente: «E lo stesso Dio ... custodisca tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, senza macchia».

Sant’Ireneo, nel De Resurrectione, ancor più chiaramente sostiene: «Esistono tre principi dell’uomo: corpo, anima e spirito».

«Quello che salva e forma é lo spirito.
Quello che è unito e formato è il corpo.
L’intermediario tra i due è l’anima.
Quest’ultima a volte segue lo spirito, e da questo viene elevata. A volte invece discende fino al corpo, sottostando agli appetiti terreni».

Fu proprio per evitare il rischio pernicioso di attribuire all’anima elementi troppo corporali, come fatto da Platone, che i dottori della Chiesa cristiana preferirono avvicinare l’anima allo spirito, fino ad arrivare a confonderli tra loro, dando origine al più semplificato dualismo corpo e anima.
Nell’Orfismo si crede che l’anima, di origine divina, cada sulla terra imprigionata nel corpo a causa di una colpa originaria. Il suo fine ultimo è quello di ritornare alla patria celeste, suo luogo originario. il concetto si avvicina a quello cristiano, ma diverse sono le modalità della “redenzione”.

Da questo abbinamento, corpo – anima, nasce la persistente confusione tra psichico e spirituale, tra cui oggi, almeno per i più, continua a non esserci differenza alcuna.

Per quanto l’uomo sia un tutto complesso, secondo la Cabala, vi troviamo comunque tre aspetti apparentemente distinti: il corpo, l’anima e lo spirito ossia la massa, l’energia e lo spirito divino.

L'anima è una forma di energia che viene da Dio e che dà ad ogni creatura vivente la capacità di svolgere tutte le funzioni che sono necessarie per la vita dell'organismo e di ogni sua cellula. Ovunque c'è movimento è necessaria l’energia perché questo avvenga.

Ogni creatura vivente ha l'anima che perdura in essa sino a quando sono presenti le condizioni di funzionalità organica, o inorganica che le consentono di vivere.
L'anima è quella parte dell’energia universale che consente ad ogni individuo vivente di compiere le sue azioni dallo stesso momento in cui inizia la sua vita.
Un argomento che suscita ai nostri giorni serrati ed appassionati dibattiti è stabilire se un embrione ha un'anima, o no.
La domanda è posta male in quanto non pone distinzione tra anima e spirito, tra energia vitale personale (anima) ed energia universale (animas Mundi).

Sin dal momento in cui l'elemento germinale maschile feconda il femminile è necessaria la presenza dell'anima che fornisce l'energia indispensabile perché si verifichi lo sviluppo del futuro essere, per regolare ogni funzione, per consentire che da una cellula si arrivi alla formazione della creatura definitivamente sviluppata.
Ed una volta che la creatura, sia che appartenga al regno vegetale o quello animale, si è definitivamente formata è sempre l'anima a fornirle l'energia necessaria per vivere, per crescere, per riprodursi.

Per fare un esempio di facile comprensione: Cellule germinali, embrione, feto, neonato, bambino, ragazzo, adolescente, giovanetto, giovanotto, adulto, padre, madre, maturo, vecchio.
In ognuno di questi passaggi è sempre l'anima a fornire quell'energia vitale che consente che tutto ciò avvenga.

Ovunque ci sia movimento c'è anima.
Dovremo quindi parlare di anima della materia.
Apparirebbe un paradosso in quanto la materia viene definita "inanimata" nell’accezione comune della parola.
In realtà anche la materia è in continuo divenire, nel microcosmo molecolare ed atomico, fatte le dovute proporzione, c'è più movimento di quanto non c'è ne sia nel macrocosmo. Si pensi all'incessante moto degli elettroni nell'atomo.
La meccanica quantistica ci conferma questo postulato descrivendoci la continua comparsa e scomparsa di onde e particelle in un continuo alternarsi di inizio e fine, di materia ed energia.
L’energia è l’anima della materia!
L'energia si può presentare in diverse forme, le principali sono: meccanica, elettromagnetica , termica, chimica, nucleare e radiante, non può essere né creata né distrutta , ma può essere trasformata da una forma all'altra , può essere trasportata ed immagazzinata.
L'energia totale dell'universo resta costante. Materia ed energia sono strettamente legate: la materia può essere considerata come un magazzino-laboratorio dell'energia.

Abbiamo detto in nostri precedenti lavori che all'uomo e solo all'uomo Dio assegna uno "spirito individuale" entrato nel ciclo delle reincarnazioni perché si adempia il programma di Dio del quale l'uomo è il principale "attore". Ma abbiamo anche detto che lo Spirito Divino, etereo ed impalpabile è infinito e come tale si trova ovunque.
Ne consegue che è presente in ogni cosa si trovi nell'universo, vuoto compreso.

Teniamo ancora l'uomo come modello per la nostra spiegazione, anche se ogni cosa che diremo è riportabile ad ogni creatura vivente.
L'anima è una forma di energia che viene da Dio.
Il corpo muore, l’energia che lo animava, lo abbandona.

Quando un corpo muore, diciamo così, per cause biologicamente naturali nei tempi per lui fissati dal suo "ciclo vitale", la sua anima che è pura energia, continua ad esistere come tale e come tale rientra nel ciclo energetico dell'universo, nella cosiddetta "sfera astrale".

Se la morte avviene per cause diverse, per un incidente, per assassinio, per eventi bellici o quanto altro volete, prima del tempo che all'organismo, che animava, era assegnato per vivere, prima che si concludesse il "ciclo vitale naturale" che per lui era stato disposto, in questo caso l'anima, ancora carica di energia, non cesserebbe la sua attività con la morte del corpo.
L'anima permarrà sulla Terra per tutto il tempo che restava da vivere all'essere che animava.

Questo spiegherebbe una quantità di fenomeni paranormali che si verificano nel mondo e che sarebbero dovuti all'attività delle anime di morti prematuramente.

Anime che, al di fuori del corpo di cui erano anima, si sentono "nude" ed "inutili" spesso tentano di rendersi utili a chi rimane, in specie ai parenti, genitori, mogli, mariti, figli, amici che vivono il lutto per la perdita di un loro caro.

Spesso l'energia dell'anima, avendo perso la sua finalità perde anche la sua polarità. Diviene un’energia negativa capace di determinare eventi e fenomeni negativi e l'unione, non improbabile, della negatività di più anime insoddisfatte può generare un’energia di tale forza da essere capace di determinare in fenomeni, altrimenti innocui, variazioni tali (si pensi ad un terremoto, ad un tifone, ad un maremoto, ad un incidente stradale coinvolgente diverse macchine e quanto altro vi possa venire in mente) da interferire negativamente con la vita dell'uomo, delle famiglie, della società, delle Nazioni, del Mondo.

L'anima di tutte le creature si può comportare in modo negativo.
Da quella dei boschi distrutti a quella delle specie animali estinte a causa dell’uomo.
Quanto detto potrebbe spiegare l'accadere di fenomeni paranormali.
Talvolta sono tentato di identificare l’anima individuale come parte dell’Anima Mundi” intesa nel senso plotiniano.

Secondo Plotino l’Anima Mundi è l’anima universale che è presente ovunque e che costituisce la vita di quell’animale cosmico che è la Natura. Essa deriva dall’Intelletto Divino e collega ad esso i mondi visibili.
Quando l’anima individuale discende dal suo luogo d’origine nella Mente Divina lungo le stelle, assume una serie di influssi che nel suo insieme costituisce il “veicolo eterico”, o “corpo astrale”, di natura luminosa e sottile, come i fluidi che lo costituiscono.
Il corpo astrale sconfina in basso nel corpo fisico, con le emozioni, e in alto nel corpo spirituale, è il “corpo sottile” che come anima tiene unito lo spirito al corpo sino al momento della morte.
Lo spirito è solo per l'uomo.
Tutte le altre creature animali e vegetali posseggono uno spirito, ma solo in quanto sono permeate dallo Spirito Infinito di Dio che essendo infinito si trova in ogni luogo.
Non vorrei che questo concetto fosse interpretato come una visione panteistica, che si facesse confusione tra Creatore e creato.
Lo Spirito del Creatore permea tutto il creato senza per altro identificarsi con questo che di Dio è solo una manifestazione.

Nell'uomo la situazione è diversa.
L'uomo è l'unico essere animato che ha in se lo "spirito divino”.
Lo Spirito Infinito pervade anche l'uomo ma Dio ha voluto dare all'uomo uno "spirito individuale", un alito del Suo Spirito infinito che è quello che lo fa distinguere da tutte le altre specie viventi.

Ad un certo punto ci si potrebbe domandare, ma perché è proprio l’uomo l’animale prescelto dalla natura per raggiungere un tipo di evoluzione talmente elevato e tale da distinguerlo da tutti gli altri animali, mettendo a sua disposizione un potere evolutivo che oggi più che mai ci sembra enorme.
In fondo esistevano ed esistono in natura animali che hanno una massa cerebrale di volume superiore a quella dell’uomo, ad esempio un animale che esiste ancora oggi e che certamente è uno dei più intelligenti, l’elefante.

Perché l’uomo ?
Il discorso si fa molto complesso. Per secoli la teoria cristiana della creazione dell’uomo sic et simpliciter da parte di Dio che avrebbe alitato in lui la vita è stata dogma di fede.

Le teorie evoluzionistiche che vedono in Darwin il loro massimo esponente sono state combattute e ritenute una vera e propria eresia, una specie di negazione del potere creativo di Dio.
Oggi che l’uomo sia il prodotto dell’evoluzione non viene messo in dubbio da nessuno, ma rimane la domanda “perché l’uomo ?”.
Forse tutto comincia nel momento in cui uno scimmione si è alzato in piedi ed ha cominciato a muoversi sulla terra come un bipede, perdendo gradatamente il carattere e le abitudini del “quadrumane” .
Quando il primo cercopiteco fu capace di alzarsi sulle zampe posteriori, grazie allo sviluppo dei glutei; quando la prima scimmia oppose il suo pollice alle altre dita e cominciò a mettere la mano al servizio del cervello; quando il primo umanoide si sedette su un tronco abbattuto guardando preoccupato il sole che stava per tramontare temendo che non tornasse più, Dio creò l'Uomo dando all'animale evoluto una scintilla della Sua Luce, un alito del Suo Spirito: un animale si evolve in “persona” dotata di corpo, anima e spirito.
Questa evoluzione è il biblico sesto giorno della Creazione. E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».

A questo punto il suo cervello non è molto più sviluppato di quello dei suoi simili, ma si apre a nuove esperienze.
Il nuovo essere comincia ad avere coscienza di se, con l’accumulo di esperienze che rimangono nella sua conoscenza conscia ed inconscia.
Al proprio io/coscienza l’individuo riferisce tutte le sue esperienze, sia quelle interne, sia quelle esterne.
Inconscio che diverrà mano a mano più ricco negli anni, nei secoli, nei millenni sino a sommarsi a quello di tutto il genere umano formando quello che Jung chiamerà “inconscio collettivo” il bagaglio di conoscenza e sapere, a livello inconscio, comune a tutto il genere umano, che noi ereditiamo dai nostri “antenati” e che deriva dal patrimonio di esperienze, consce ed inconsce, vissute da chi ci ha proceduto.
Il cercopiteco è diventato uomo perché Dio gli ha dato lo “spirito” e lo Spirito essendo parte di Dio possiede in se tutta la Conoscenza di Dio, quella che la Bibbia chiama “la Sapienza”, quella che potremmo in breve definire la “Conoscenza del Tutto”, ciò cui l’uomo da sempre anela, spinto dalla sua insopprimibile esigenza di rispondere alle sempiterne domande: “chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo”. Domande alle quali l’uomo ha risposto (o tentato di rispondere) con la filosofia, la religione e altre forme di espressione della spiritualità e che costituiscono quella “prisca theologia” o, se preferite, la Tradizione esoterica che gli iniziati in ogni tempo hanno cercato di trasmettersi l’un l’altro.
La scimmia diventa uomo

Il biologo britannico, Prof. D.M.S. Watson scriveva già nel 1929 in "Nature": "La teoria dell'evoluzione è una teoria che viene generalmente accettata, non perché essa può essere dimostrata giusta attraverso una
dimostrazione logicamente coerente, ma perché l'unica alternativa, vale a dire una creazione speciale, è manifestamente incredibile."
Mi piace fare un accostamento. la creazione corrisponde alle fondamenta, l’evoluzione è la costruzione dell’edificio che su queste fondamenta si innalzerà.
In sostanza l’evoluzione è una “continua creazione” o se preferite la creazione si “continua e si completa nell’evoluzione”.

Dalla prima cellula vivente, voluta da Dio, ha inizio la storia dell'evoluzione delle creature viventi (flora e fauna) che è andata avanti per oltre tre miliardi di anni.
Dio da all'animale evoluto, l’uomo, uno spirito, uno spirito che essendo parte di Dio possiede la Conoscenza completa.
Questo è un altro passo avanti nel processo evolutivo.
Dalla fase di corpo animato si passa a quella di corpo animato dotato di spirito. La complessità aumenta.
La triade è completata l’uomo è l’unico animale dotato di corpo, anima e spirito.
E’ l’unico animale a cui Dio ha dato tutta la Sua Conoscenza, ma la ha nascosta in una zona del sapere che gli uomini in seguito chiameranno inconscio .

Non dimentichiamo mai che l’evoluzione è stata voluta, permessa e protetta da Dio.
La dimostrazione di quanto Dio abbia avuto cura di questo essere al quale ha fatto il dono di una parte del suo spirito è evidente se si considera che due o tre milioni di anni fa si calcola che fossero presenti sulla terra circa duecentomila creature umane, meno, molto meno dei fans di una rockstar che si esibisce in una piazza.
Un milione di anni fa si valuta attorno al milione di individui la presenza umana sulla terra.
In presenza di un ambiente ostile, di fronte agli ostacoli ed ai pericoli, inerme tra animali di lui più grossi e più forti, nudo esposto al caldo ed al freddo, soggetto ad una serie di eventi causali che da una parte giocavano a favore della vita, ma che avrebbero potuto rivolgersi contro di essa sino allo sterminio totale (sarebbe bastato un piccolo lager), quando la morte di poche centinaia o forse di poche decine di essi sarebbe potuta essere il prodromo per l'estinzione completa dell'umanità, qualcosa o qualcuno non ha permesso che ciò accadesse, ne ha voluto l’evoluzione.
Chi se non Dio?

Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.