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venerdì 17 giugno 2011

Magia del Solstizio d'inverno. Festa della Luce

Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.


Magia del Solstizio d’Inverno (*)

Tra qualche settimana avrà inizio il periodo delle celebrazioni e dei festeggiamenti per il Natale e, come ogni anno, la moltitudine globalizzata e amorfa, con giustificazioni astrattamente religiose, si immergerà repentinamente e totalmente nella demonìa del consumismo sfrenato, senza comprendere minimamente che in quei giorni specifici del ciclo annuale qualcosa di straordinario e di magico accade, un evento cosmico che ha sempre avuto un alto valore simbolico in tutte le forme trasmesse dalla Tradizione Primordiale.

Il suddetto aspetto tradizionale, in una visione organica, che liberi il campo da integralismi e settarismi d’ogni tipo, esplicitando il senso universale di quello che è comunemente conosciuto come il Solstizio d’Inverno, appartiene alla spiritualità di tutte le religioni del mondo.

Non dimentichiamo, infatti, che quell’avvenimento iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati, ad esempio presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica.

Esso, inoltre, ispirò il “frammento 66” dell’opera di Eraclito di Efeso (560/480 a.C) e fu allegoricamente cantato da Omero (Odissea 133, 137) e da Virgilio (VI° libro dell’Eneide). Quello stesso fenomeno, fu invariabilmente atteso e magnificato dall’insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”); i Germani, “Yulè” (la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”); i Finnici “July” (“tempesta di neve”); i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” (il “giorno più corto”)”.1

È facile vedere in alcune di queste denominazioni il riferimento al “tempo ciclico” di cui abbiamo parlato quando trattammo di “Giano ed il tempo”.

Pochi sanno che intorno alla data del 25 Dicembre, quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horus e del padre, Osiride, nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli, Bacab nello Yucatan, il dio Bacco, nonché Ercole e Adone in Grecia, il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord, Zaratustra in Azerbaigian, Buddha, in Oriente, Krishna in India, Scing-Shin in Cina, in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore ed a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Istar, rappresentata col figlio divino fra le braccia e con, intorno al capo, un’aureola di dodici stelle, anche Gesù viene fatto nascere nel giorno di Natale.

Vediamo per un momento cosa avviene exotericamente in quel giorno:

Nel giorno del Natale il Sole, che, nel suo moto annuo lungo l’eclittica - il cerchio massimo sulla sfera celeste che corrisponde al percorso apparente del Sole durante l’anno -, viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell’ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce (all’incirca, 8 ore e 50/55 minuti)”.

Raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell’anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente.

Da quel giorno, mano a mano ci sarà sempre più luce nell’arco delle 24 ore.

“Nella Romanità, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto3.

Il mito romano narra che il misterioso Giano, giunto dal mare, fu il primo Dio italico e regnava sul Lazio e potrebbe essere inteso come la manifestazione divina che crea e ricrea il cosmo a ogni ciclo, colui che attraversa le acque, ovvero la notte e la confusione-caos successiva alla dissoluzione del vecchio cosmo, per approdare alla nuova sponda, alla luce del nuovo cosmo, del nuovo creato.

Giano , era l’antica divinità latina dalle “due facce”, “dio del tempo” e, specificamente, “dell’anno” ed il cui tempietto, a Roma, consisteva in un corridoio con due porte, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra che, sulla base della sua ancestrale accezione, designa “l’andare” e , più particolarmente, la “fase iniziale del camminare” e del “mettersi in marcia”: regolava e coordinava l’inizio del nuovo anno, da cui Ianuarius, il mese di Gennaio”.4

La tradizione romana della festa del dies solis novi affondava le sue radici, sia nel passato preistorico delle genti indoeuropee, a cui i Romani e la maggior parte delle genti Italiche appartenevano, che in quello delle sue stesse basi cultuali: Julius Evola ci ricorda come “Sol, la divinità solare, appare già fra i dii indigetes, cioè fra le divinità delle origini romane, ricevute da ancor più lontani cicli di civiltà”5.

Adesso veniamo al significato esoterico dell’evento.

È fondamentale a questo punto comprendere come tale rinascita solare rappresenti “solo” il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere al deva-yana o “via degli dei” della tradizione indù, alla contrada ascendente e divina in cui l’uomo, restaurando in sé l’Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovraindividuale.

Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al mattino, con l’alba, diverrà trionfante.

Nei tarocchi ciò che meglio identifica tale rinascita di Luce è la lama del Bagatto, che simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui missione è conseguire l'unione fra spirito e materia.

Il Bagatto ha già davanti a sé tutti i simboli del potere materiale ed è il personaggio che intraprende l'Opera alchemica, lavorando con i tre principi e i quattro elementi (i tre piedi e i quattro angoli del tavolo), grazie alla quale ogni uomo è un metallo, che portato alla sua perfezione, viene chiamato Oro.

Il senso più alto della carta è dato dal suo numero, che è l’Uno e che indica il motore immobile, il Principio di tutte le cose.

Uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d'Inverno, perciò, si passa dal nulla all'unità, geometricamente cioè, dal divenire sensibile, rappresentato dal simbolo della circonferenza, si passa all’eterno presente, che nell’Uno e nel centro si esplicita perfettamente, cosi come nella terza faccia di Giano, quella che non si vede.

Il Solstizio d'Inverno corrisponde in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita nella luce.

Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un'illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un'apertura nel tetto della caverna e che genera quell'illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il "Sole Intelligibile".

Nell'ordine microcosmico, per quanto concerne l'organismo sottile individuale, tale apertura corrisponde al centro energetico che si trova sulla sommità del capo: il chakra della corona, il Keter delle Sephiroth.

Esso rappresenta il settimo livello del sistema dei chakra e corrisponde a ciò che nella Cristianità viene indicato come il settimo cielo.

Nel simbolismo cristiano che ha fatta sua una Tradizione pagana i due Giovanni sono dei punti limite. Il Battista chiude l’antica Legge e annuncia la Rivoluzione Cristiana. L’Evangelista chiude il Libro del Mondo con l’Apocalisse e annuncia il secondo avvento. L’uno e l’altro aprono e nessuno può chiudere. L’uno e l’altro chiudono e nessuno può aprire. Già appare che la loro funzione non è estranea al misterioso "potere delle chiavi", legato all’iniziazione ai Piccoli Misteri con la chiave d’argento ed ai Grandi Misteri con la chiave d’oro.

L’uno è all’inizio, l’altro alla fine.

Dunque sono due testimoni che confermano la presenza e la permanenza delle realtà spirituali, dei legami tra un tempo e l’altro, tra una epoca e l’altra. Hanno preso, nel Cristianesimo, il posto che occupava, nella ripartizione delle feste della Roma Imperiale, il Dio Giano di cui una faccia guardava il passato, l’altra l’avvenire, mentre la faccia invisibile contemplava "l’eterno presente". E la posizione dei due Santi alla data dei solstizi, conferisce loro una doppia parte, spirituale e cosmologica ad un tempo. Posti in tal modo alle porte solstiziali, essi sono come i pilastri del portico, né nel mondo, né fuori del mondo, né nella Loggia, né fuori della Loggia. Come la nascita e la morte non appartengono in realtà al ciclo umano, ma sono degli intermediari, così i due Giovanni hanno un volto divino ed un volto umano. Essi inquadrano il Sole di Giustizia come i solstizi inquadrano la manifestazione solare. Sono delle tangenti che delimitano questo Sole. Ai punti di tangenza, essi si confondono con lo stesso Sole.

La rigenerazione cosmica, (di cui di cui ampiamente abbiamo scritto nei volumi che sono stati pubblicati dalla So Ham6) è sempre dovuta alla discesa di un avatara,di un messaggero divino: Rama, Krishna, Ermete, Zoroastro, Mitra etc. di cui il Cristo Redentore è l’ultimo esempio.

(*) da uno scritto di Luca Valentini

Note:
1) tratto dall’articolo “Dies Natalis Solis Invicti”, Alberto Mariantoni, Identità, 2004;
2) idem
3) idem
4) idem
5) Julius Evola, La Tradizione di Roma, Ed. di Ar, collezione “Areté”, Manduria, 1977, pag. 138).
6) vedi www.soham135.it



Comunicazione dell’autore (Michele Barresi) da un lavoro in corso di stampa per i tipi della Tipheret, soggetta alle leggi del Copyright.